Intervista condotta da José Carlos Francisco, con la collaborazione di Giampiero Belardinelli e Roberto Pagani per la formulazione delle domande, di Júlio Schneider (traduttore di Tex per il Brasile) e di Gianni Petino per le traduzioni e le revisioni e di Bira Dantas per la caricatura.
Ciao carissimo Pasquale Ruju, e benvenuto sul blog portoghese di Tex. Per cominciare, cosa è per te il fumetto? Sia come linguaggio che come esperienza professionale.
Pasquale Ruju: Un modo di esprimermi, con parole e immagini, e senza dover badare al budget, come farei se lavorassi nel cinema: il miglior lavoro del mondo, insomma!
Che posto hanno avuto i fumetti, soprattutto i Bonelli, nella tua infanzia?
Pasquale Ruju: Sono stato fin dall’adolescenza un grande lettore di Zagor e Mister No, per poi arrivare a Tex e a Dylan Dog. Insieme ai romanzi di Giulio Verne ed Emilio Salgari, i fumetti Bonelli hanno contribuito a formare la mia personale idea di storia avventurosa.
Hai iniziato la tua carriera artistica nel cinema e nel teatro. Puoi parlaci di queste tue esperienze?
Pasquale Ruju: Dopo la laurea in Architettura, ho lavorato per alcuni anni in teatro, con qualche incursione nel cinema e nella TV. Insieme agli studi universitari, avevo frequentato una scuola di recitazione professionale, e ho così cominciato, poco a poco, a lavorare in quel settore. Un’esperienza molto affascinante, che qualche anno dopo mi ha portato al doppiaggio.
In seguito ti sei distinto come doppiatore: come sei arrivato a far questo lavoro? Se non ricordiamo male, hai dato voce ad alcuni personaggi dell’edizione radiofonica di Dylan Dog, trasmessa dalla Rai su Radio Due. Ci sbagliamo?
Pasquale Ruju: Il doppiaggio televisivo è stato il mio vero lavoro, fino all’arrivo in Bonelli. Ho cominciato quasi per caso, facendo dei provini grazie a un amico conosciuto in teatro. L’esperienza radiofonica, basata su una mia storia, c’è stata. Ed è stata molto divertente.
Nel 1995, dopo svariate esperienze nel cinema, nel teatro e nel doppiaggio, avviene il tuo ingresso nel mondo del fumetto. Come sei entrato in contatto con la Sergio Bonelli Editore? Ti sei proposto solo per Dylan Dog oppure avevi anche idee per altri personaggi della Casa Editrice milanese?
Pasquale Ruju: I primi contatti li ebbi con Antonio Serra, per Nathan Never, ma fu Mauro Marcheselli a darmi la prima vera chance, proponendomi di sceneggiare una storia breve per Dylan Dog (che sarebbe poi stata pubblicata con il titolo de “Il vicino di casa”). Parliamo del lontano 1994.
Avevi mai scritto sceneggiature fumettistiche prima di entrare in Bonelli?
Pasquale Ruju: Avevo avuto qualche esperienza semiprofessionale, ma fino a quel momento ero sostanzialmente un grande appassionato, non un vero sceneggiatore.
Quanto ti ha aiutato nella tua successiva carriera di sceneggiatore di fumetti le tue esperienze di attore e di doppiatore?
Pasquale Ruju: Ovviamente è un retroterra che ha il suo peso. Scrivere fumetti diventa spesso un sunto di esperienze anche molto diverse. Io cerco di mettere a frutto le mie.
Quali sono state le raccomandazioni dei curatori di Dylan Dog quando sei entrato stabilmente nello staff di sceneggiatori? In questi ultimi anni, sei stato uno degli autori più presenti sulle pagine dell’Indagatore dell’Incubo. In molte tue storie Dylan sembra più un detective e, senza tralasciare le sue peculiarità ironiche, un po’ più portato all’azione. Ti riconosci in queste osservazioni?
Pasquale Ruju: Il personaggi di Dylan Dog, così come è stato concepito da Tiziano Sclavi, ha molte “anime”, e consente intrecci anche profondamente differenti. In circa 80 storie da me scritte, molte sono avventurose o di indagine, ma non mancano quelle più intimiste o perfino dichiaratamente umoristiche. Non ricordo particolari raccomandazioni, se non quella di rispettare le caratteristiche del personaggio (che peraltro conoscevo a memoria!).
Scrivi per Dylan Dog ormai da quindici anni. Qual è il tuo rapporto con il personaggio di Dylan, con il suo mondo e con gli altri comprimari della serie? E’ cambiato nel corso degli anni?
Pasquale Ruju: Dylan è inevitabilmente un po’ cambiato. Forse è un po’ più amaro e disincantato, come lo sono i nostri tempi rispetto agli anni ‘80 del secolo scorso. Il mio rapporto con lui è ancora ottimo, devo dire, e mi diverto come sempre a mettere il povero Dylan in ogni genere di guai. Peccato che però all’inizio di quel rapporto eravamo coetanei (33 anni a testa) mentre ora lui ne ha sempre 33 e io 47!
Groucho è un personaggio difficile da gestire, almeno secondo le testimonianze di altri tuoi colleghi. Hai trovato delle difficoltà a gestirlo e ad inventare le caratteristiche barzellette?
Pasquale Ruju: Groucho non è solo un dispensatore di battute… è il vero contraltare di Dylan. Senza di lui il fumetto e il personaggio non sarebbero gli stessi. Non ho problemi a inventare le barzellette, ma la cosa veramente difficile è mantenere le caratteristiche “lunari” e anche fortemente “eversive” del personaggio.
La critica è unanime nel ritenere Dylan Dog molto variato dal suo esordio in edicola, avvenuto del resto ben 23 anni fa: se da un lato ciò è perfettamente logico poiché le persone (sia gli autori che i lettori) per forza di cose cambiano così come è cambiato il mondo che ci circonda, dall’altro lato nel corso degli anni ti sono invece giunte particolari indicazioni dalla redazione circa tematiche che non si possono più affrontare o suggerimenti sulle modalità con cui sceneggiare le storie di Dylan Dog? Pensiamo allo splatter, una volta tanto in voga, o alle tematiche sociali che un tempo erano il fulcro della serie ed ora sono un po’ finite nel dimenticatoio.
Pasquale Ruju: Lo splatter è un po’ passato di moda, anche nel cinema. Le tematiche sociali, invece, si trovano ancora in molte storie di Dylan (certo, non in tutte). Non ci sono particolari censure sugli sceneggiatori, che devono però restare nell’ambito delle linee guida della casa editrice (Dylan, come Tex, e tutti gli altri fumetti Bonelli devono poter essere letti da tutti, dagli adulti come anche dai ragazzini). Questa è la vera linea di confine.
A volte la tua versione di Dylan Dog sembra un po’ “fredda”, in quanto prediligi storie gialle (sia pur con venature horror) oppure poni Dylan Dog alle prese con mostri di svariata natura, sempre però tangibili (mentre l’horror e gli incubi di Sclavi erano anche esistenziali). Manca insomma quel coinvolgimento emotivo tanto caro al creatore del personaggio. Non è un caso che molti lettori sostengono che uno dei tuoi episodi più belli e riusciti sia “L’eterna illusione”, forse perché da te maggiormente “sentito”. Tu che ne pensi?
Pasquale Ruju: Ho già risposto in parte a questa domanda. Io sono un autore più avventuroso e meno intimista rispetto a Tiziano o a Paola Barbato. Credo però che i lettori vogliano leggere storie di volta in volta diverse – ora più riflessive, ora più divertenti o adrenaliniche – perciò si può dire che, fra tutti, noi sceneggiatori ci “completiamo” a vicenda.
Hai collaborato con tutti i disegnatori dello staff di Dylan Dog: con quali hai stabilito un particolare feeling? Trovi più difficile scrivere una storia breve o una dalle canoniche 94 tavole?
Pasquale Ruju: Mi trovo bene un po’ con tutti i disegnatori. Forse è più difficile una storia breve, lì ti giochi tutto in poche pagine, e i ritmi e la struttura, perché tutto funzioni, devono essere perfetti.
In che modo si evolverà secondo te il personaggio, riuscirà a stare al passo con i tempi? Hai in mente, compatibilmente con le esigenze di Sclavi e della redazione, qualche novità da apportare alla serie?
Pasquale Ruju: Dylan Dog viene apprezzato proprio perché rimane sé stesso. Penso che, se novità ci dovranno essere, sarà lo stesso Tiziano a inserirle nella serie.
Hai scritto finora due episodi Dampyr: i numeri 72 e 106. Entrambi gli episodi hanno come soggetto il mondo della mitologia egizia. È un tema che ti è caro oppure la scelta è stata dettata da altre esigenze?
Pasquale Ruju: È un tema che mi appassiona molto. Prima o poi lo affronterò anche su Dylan.
Com’è nata la tua collaborazione con la serie fantascientifica Nathan Never? Come ti sei trovato con la fantascienza sociale delle serie? Ritorneresti a scriverne qualche altro episodio?
Pasquale Ruju: Mi è piaciuto scrivere per Nathan Never. La fantascienza era una mia vecchia passione, precedente a quella per l’horror e per il noir. Non escludo, prima o poi, di tornare a far visita al nostro agente speciale del futuro.
Veniamo ora a Demian, la miniserie in diciotto episodi da te ideata. Con Demian hai dato libero sfogo alla tua passione per il noir e per il genere avventuroso. Com’è nata l’idea per questa serie? Sei soddisfatto del risultato, sia a livello di scrittura e sia a livello grafico?
Pasquale Ruju: Sceneggiare Demian è stata un’esperienza esaltante, trattandosi di un lavoro completamente “mio”, anche se inserito nei canoni bonelliani, e nelle tradizioni della casa editrice. L’idea è nata alcuni anni fa, e si è concretizzata dopo una serie di conversazioni con l’editore Sergio Bonelli e con Decio Canzio, che pensavano già allora a mettere in cantiere alcune miniserie. La scommessa per me era proporre un “eroe” bonelliano che vivesse le sue avventure in un contesto più vicino a noi, quello del Mediterraneo, e in un paese come la Francia, molto diversa per caratteristiche e stile di vita dai paesi anglosassoni. La serie ha avuto così come cornice principale la città di Marsiglia, crogiolo di razze, interessi, religioni ed economie diverse. È stata una scommessa, ripeto, ma a posteriori non avrei potuto immaginare uno sfondo più intrigante per il mio protagonista. Dopo un paio d’anni di lavoro, e con una grande fiducia da parte dell’editore, che mi ha consentito di operare in totale autonomia, il riscontro in termini di critica e di vendite è stato lusinghiero. Devo dire che in generale tutte le miniserie proposte finora, da Brad Barron fino a Volto Nascosto, sono state molto apprezzate dai lettori, tanto che ormai questa nuova “formula” è entrata stabilmente nel palinsesto della casa editrice.
C’è qualcosa che con il senno del poi, avresti voluto cambiare?
Pasquale Ruju: No. Rileggendola, la serie mi piace così com’è.
Non ti spiace aver “bruciato” in 18 numeri idee per una serie che aveva le potenzialità per durare molto di più? A tuo parere il futuro del fumetto bonelliano (e del fumetto popolare tout court) sarà costituito solo da miniserie con chiusura già programmata?
Pasquale Ruju: In realtà Demian – a grande richiesta dei lettori – avrà una sorta di seguito, articolato in alcuni albi “speciali” con cadenza semestrale. Detto questo, penso che in futuro le miniserie si affiancheranno sempre di più alle serie “storiche” della casa editrice. Ma sono anche convinto che nasceranno nuovi personaggi con un respiro più lungo. Dipenderà, come sempre, dagli autori.
Passiamo adesso al Ranger che dà nome a questo blog. Dal 2004 la tua firma appare anche sugli albi di Tex: come sei arrivato alla corte del Ranger?
Pasquale Ruju: Sono stato “convocato” e messo alla prova. Non ci si propone, per scrivere Tex. Di solito è la casa editrice a chiamarti.
Quali sono state le prime preoccupazioni che il personaggio di Tex ti ha suscitato? E come ti sei preparato per scrivere le storie di Tex? Lo conoscevi già profondamente oppure l’hai (ri)scoperto solo per lavoro?
Pasquale Ruju: Avevo letto centinaia di albi della serie – credo di aver letto una buona metà delle storie pubblicate, forse qualcosa di più – e altre centinaia ne ho riletti prima di scrivere una sola riga. Sceneggiare Tex è difficile proprio perché si tratta di un “classico”. Non si può barare con Tex, o sei con lui o contro di lui!
Quali difficoltà e stimoli hai incontrato a scriverne le avventure? Dopo tutti gli episodi di Dylan Dog che hai scritto, non ti è venuta in mente qualche idea che sfrutti il filone delle storie fantastiche di Tex?
Pasquale Ruju: Per ora no. Ho preferito cambiare completamente stile e confrontarmi con il western “duro e puro”. Una bella sfida con me stesso, che però è stata apprezzata anche dai lettori.
Per te Tex è un eroe contraddistinto da infallibilità e certezze oppure reputi che, in un’ottica di adeguamento ai tempi, sia necessario fargli affrontare avversari “tosti” che gli creino qualche difficoltà in più?
Pasquale Ruju: Un buon antagonista è il sale di ogni storia texiana, anche se il ranger deve restare quello che è, un infallibile dispensatore di giustizia.
Cosa significa per te scrivere storie su una leggenda del fumetto come Tex che recentemente ha compiuto i 60 anni di vita editoriale, uno dei personaggi più longevi?
Pasquale Ruju: Una bella responsabilità!
Nel corso della tua carriera fumettistica Tex è stato solo un diversivo oppure pensi in futuro, compatibilmente con gli altri tuoi impegni, di sceneggiarne qualche altro episodio?
Pasquale Ruju: Ho cominciato ora a scrivere una nuova storia, che coinvolgerà gli Apache Mescalero, e sarà disegnata dal grande Font.
Come ti definiresti in qualità di autore di Tex? Secondo te hai delle attinenze con qualche altro suo autore?
Pasquale Ruju: Il mio punto di riferimento resta sempre G. L. Bonelli, che ovviamente è inarrivabile.
Ti piacerebbe scrivere una storia su Tex in special modo per qualche disegnatore? Perchè?
Pasquale Ruju: Amo molto il segno di Font, così come anche quello di Garcia Seijas e di Roberto Diso. Che dire… ho avuto la fortuna di lavorare con tutti e tre!
Quanto tempo impieghi per scrivere una storia? Hai degli orari? Come si articola una tua giornata tipo fra lavoro, letture, tenerti informato, ricerca di nuovi argomenti, vita familiare?
Pasquale Ruju: Lavoro otto ore al giorno, dalle dieci di mattina alle sei/sette di sera. Poi esco, vado al cinema, a cena con gli amici o con la fidanzata, leggo libri, navigo su internet. Una vita normale, insomma, ma ricca di input. Per scrivere storie, è indispensabile assorbire informazioni e suggestioni dai media più diversi.
Puoi anticiparci qualcosa della tua nuova miniserie? Sergio Bonelli si è lasciato sfuggire che sarà un poliziesco anni ’70, e tu stesso hai rivelato che sarà molto più crudo e realistico di Demian. Ci puoi svelare qualche disegnatore che verrà coinvolto e fare un accenno sia pur minimo alle atmosfere che vi domineranno?
Pasquale Ruju: Il mio nuovo personaggio, che debutterà l’8 maggio 2010, si chiamerà Cassidy. La serie sarà un hard boiled, ambientato nel 1977/78. La storia di un rapinatore di banche che ha 18 mesi di vita, raccontata in tempo reale (18 albi, 18 mesi). Avrà perciò una continuity serrata, e sarà ambientata nei luoghi “texiani” per eccellenza (Arizona, Nevada e California, con qualche incursione in Messico). Si tratterà, insomma, di un nero con l’anima western, anche se ci saranno pistole automatiche al posto delle Colt, e Dodge rombanti al posto dei cavalli.
Hai per caso nuovi progetti al di fuori del fumetto?
Pasquale Ruju: Di recente ho scritto un paio di sceneggiature per il cinema… ma su questo, per il momento, non posso dire di più!
Caro Pasquale, a nome del blog portoghese di Tex ti ringraziamo moltissimo per l’intervista che ci hai così gentilmente concesso.
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