Intervista esclusiva: LUCA VANNINI

Intervista esclusiva: LUCA VANNINI

Intervista condotta da Mário João Marques, con la collaborazione di Francesco Micoli, di Júlio Schneider (traduttore di Tex per il Brasile) e di Gianni Petino per le traduzioni e le revisioni e di Bira Dantas per la caricatura.

Ciao Luca, e benvenuto sul blog portoghese di Tex! Per cominciare, una breve presentazione per i nostri utenti.
Luca Vannini: Sono nato a Roma 54 anni fa. Conseguito il diploma al I° Liceo Artistico della Capitale, mi sono arruolato volontario nell’esercito alla Scuola Ufficiali, nei paracadutisti, a cavallo della guerra in Libano, ma mi accorsi quasi subito che la carriera militare non faceva per me nonostante il
guadagno sicuro ed elevato per quei tempi.
Congedatomi da tenente, trovai un impiego come insegnante di disegno in una scuola privata di Roma e fu proprio durante una pausa di lavoro che lessi sul quotidiano “Il Messaggero” un annuncio dove cercavano matitisti e chinisti per fumetti. Mandai dei disegni a matita e alcune “ignobili” chine. Ero completamento digiuno di tecnica fumettistica anche se da giovane ne ero stato un discreto lettore. A quel tempo, ricordo, ero appassionato di “Frigidaire”, delle storie “acide” di Andrea Pazienza e dei capolavori di Tanino Liberatore con il suo RanXerox. Fatto sta che dopo pochi giorni ricevetti una telefonata dal titolare di uno dei più importanti studi di fumetto di Roma di quell’epoca: lo studio Leonetti. Dino era uno scenografo cinematografico, aveva lavorato con Gianni Polidori per i set dei tanti Colossal prodotti in Italia e in America ed amico di Sergio Amidei, scrittore e sceneggiatore cinematografico.  Aveva messo su uno studio di fumetti per colmare i vuoti lavorativi che il cinema in crisi aveva creato. Leonetti ideò Maghella per la rivista satirica Menelik, una eroina del fumetto eroticomico italiano, forse la prima nel suo genere. Cedette poi i diritti di pubblicazione alla Ediperiodici di Barbieri e Cavedon, coraggiosi imprenditori che sfidarono l’agguerrita censura di quegli anni pubblicando diverse collane pocket sempre a sfondo porno. Mi chiese se avessi remore nel provare a collaborare in questa direzione, accettai subito e, dopo un breve periodo di apprendistato, diventai il matitista di Casinella, sempre ideata da Leonetti, più episodi di altre collane.
Fu un periodo indimenticabile, mi sentivo la mascotte di un gruppo formidabile di professionisti, incredibili personaggi che riuscivano a creare quell’armonia di sfottò, cameratismo, leggerezza nell’affrontare il lavoro che solo il vero spirito dei romani possono apprezzare. Lavoro che si incrementava sempre di più e che ci vedeva primi collaboratori delle edizioni “Cioè”, di Piscopo, indirizzata ad un pubblico adolescenziale, fino ad arrivare a pubblicare per il “Nuovo intrepido” diretto da Carlo Pedrocchi, dove sulle sceneggiature di Peppe de Nardo con Billiteri, iniziai a sperimentare colori e nuovi modi di linguaggio visivo. Nel frattempo mi ero trasferito in campagna ma continuai a collaborare con il caro maestro Dino.

Come ti si è presentata l’opportunità di lavorare su Ken Parker e quali sono state le principali difficoltà?
Luca Vannini: Ricordo che mi telefono Milazzo chiedendomi se fossi interessato a collaborare con loro. Non ci pensai due volte. Ho lottato più che altro con la mia insicurezza, la mia esagerata autocritica, ciò rallentò di parecchio il lavoro, ma per quanto riguarda lo stile di Ivo Milazzo, avevo avuto modo di studiarne la freschezza del tratto e, per quanto riguardava le inquadrature, bastava affidarsi alle dettagliatissime descrizioni di Giancarlo Berardi dallo spiccato senso registico. Pensandoci bene avrei potuto godermi meglio quell’esperienza.

Come definiresti il tuo stile?
Luca Vannini: Ho un approccio piuttosto empirico sul lavoro, è certo però che la mano è ormai di suo “viziata e personale”. Durante la mia carriera sono rimasto affascinato da parecchi stili. Ho amato e amo alla follia il genio di Alex Toth e, per diverso tempo, riversavo sulle tavole quello che pensavo di aver carpito del suo inarrivabile stile. Ma ora dopo diversi anni di sole illustrazioni per privati immagino ancora i volumi con tonalità di colore, devo rientrare ancora in pieno nella normalità del b/n, sicuramente ne uscirà un’altra fase stilistica.

Com’è stato lavorare su Julia?
Luca Vannini: Giancarlo aveva già abbastanza le idee chiare su come il personaggio di Julia Kendall dovesse essere costruito. Graficamente il punto di riferimento per tutti i disegnatori che si sarebbero alternati nei diversi episodi dovevano essere i diversi model sheet da me fatti, ambientazioni e personaggi principali ma, nello specifico, Julia non doveva mai allontanarsi dal caratteristico volto della bellissima Audrey Hepburn. Tutto ciò per evitare che il personaggio fosse snaturato di volta in volta.

Ambienti, ambientazioni e personaggi, tutto è diverso in Julia. Per Tex, hai adottato uno stile più personale?
Luca Vannini: Forse la difficoltà maggiore fu il calarsi in panni femminili, trovare il giusto equilibrio nell’interpretazione e, dare vita con la giusta espressività di gesti e movenze, ad una recitazione plausibile e più possibile vicino a ciò che Berardi intendeva del suo personaggio.
Ho imparato ad ammirare la natura in tutte le sue manifestazioni. Illustrare mi da la possibilità di osservare a lungo e attentamente quante meraviglie abbiamo intorno. Trasmettere le sensazioni che ogni paesaggio emana è sempre una sfida. Cerco sempre di trasmettere la sensazione che provo nell’illustrare. L’afa di un deserto o il gelo ovattato delle distese del nord.

Come è nata l’opportunità Tex Willer?
Luca Vannini: Vincenzo Marano, che si è occupato da molti anni delle vendite delle mie illustrazioni, mi propose di omaggiare Tex, visto che le tante illustrazioni su Ken Parker rischiavano di inflazionare il mercato. Accettai ma devo riconoscere che i miei primi Tex oscillavano fra l’osceno e il ridicolo. Poi pian piano mi staccai dall’idea di reinterpretare il Tex di Villa, studiavo Ticci, Font, Fusco e il vecchio Nicolò. Fino a quando sotto la spinta di Maurizio Di Vincenzo amico e collega da 30 anni trovai il coraggio di chiedere a Boselli se potevo fare una prova per entrare nella schiera dei disegnatori ufficiali di Tex. Voilà.


Con Ken Parker e ora con Tex Willer, hai avuto la possibilità di lavorare su due serie mitiche. Tuttavia, nonostante si muovano negli stessi ambienti, Tex e Ken Parker sono personaggi diversi, non lo trovi?
Luca Vannini: I loro codici morali non sono in contrasto, hanno un forte equilibrio interiore. Tex ha spiccato senso del dovere, Ken Parker di ciò che è giusto. Nel Tex i personaggi sono delincati, i buono sono buoni ed i cattivi tali. Nel ranger c’è un senso di cameratismo, rispetto, amicizia, il voto a mantenere la legalità in un personaggio ben definito, in un periodo particolarmente violento nelle storie del West. L’uso della forza è parte integrante nella vita di Tex. Ha obbiettivi ben precisi. Ken Parker è il personaggio tipico dei romanzi di avventura fine ‘800 e primi ‘900. Poteva nascere dalla penna di Fenimore Cooper, da Jack London. Il suo itinere romantico è parallelo al suo viaggio introspettivo, quasi melanconico, si imbatte in avventure dove si trova molto spesso nelle tremende condizioni di chiedersi cosa vale davvero ; situazioni da cui però non si tira mai indietro. Un po’ Cuore di Tenebra (Conrad) e un po’ Ismaele nel Moby Dick di Melville. Apre e chiude l’avventura in solitudine. Un bellissimo personaggio ideato da un altro mito del fumetto italiano: Berardi.

Cosa è Tex per te, come lo definiresti?
Luca Vannini:
Mi permetto di raccontarti un episodio, un bellissimo ricordo che non stanca mai. Mio padre era rappresentante di alimenti dolciari e durante la chiusura pomeridiana dei negozi voleva tornare a casa, mangiare e portarmi nel lettone per schiacciare un pisolino. Ebbene un pomeriggio mi risvegliai quando mio padre era ormai tornato al lavoro. Sul comodino trovai, ricalcato su un foglio di carta copiativa che papà usava per le ordinazioni dei clienti, un bellissimo Tex che sparava. Ecco, per me Tex è anche questo magico ricordo di mio padre che se fosse ancora in vita mi avrebbe volentieri dato una mano. Amava il disegno ma faceva tutt’altro lavoro. Tex è il continuo passaggio di un mito di generazione in generazione.

Cosa significa per te disegnare una leggenda come Tex Willer?
Luca Vannini: Dire che è un vero onore parrebbe troppo scontato? Allora glisso citando non so chi disse che “Un personaggio di fantasia che da decenni rimane sulla breccia è sicuro che ormai ha preso vita”. Sorprendentemente d’accordo.  Da qualche parte, in un mondo parallelo, ora Tex e i suoi Pards bivaccavano mangiando carne secca e fagioli. Ne sono sicuro.

Ti sei ispirato in qualche autore di Tex?
Luca Vannini: Sicuramente Ticci. Equilibrio, peso, dinamicità, freschezza.

Quali sono le principali caratteristiche e le difficoltà in una serie come Tex?
Luca Vannini: Nessuna di rilievi in particolare se non quelle citate prima, sulle difficoltà di elaborazione sto studiando come fatto già con Julia, possibili movenze, andature, espressioni, posture che possano ancora di più enfatizzare il personaggio. Ma tutto con moderazione ed equilibrio.

Tra i pards, qual è il tuo preferito?
Luca Vannini: Tiger. Autoctono per eccellenza, e anche perché ha i capelli lunghi, ma meno dei miei eheh!!

Com’è stato lavorare con i colori in Tex?
Luca Vannini: Nel Tex a colori ho provato diverse soluzioni e le ho proposte, si è deciso di comune accordo di creare un prodotto tradizionale colorato con le ecoline. Ma mi piacerebbe riprovare con i cartoncini colorati come feci nelle tavole di Billiteri, che vi ho inviato. Potrebbe risultare un buon lavoro, vedremo.

Il tuo futuro è con Tex?
Luca Vannini: Ho iniziato da poco, spero comunque di sì. Ciao! A presto.

Caro Luca, a nome del blog portoghese di Tex ti ringraziamo moltissimo per l’intervista che ci hai così gentilmente concesso.

(Cliccare sulle immagini per vederle a grandezza naturale)

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