Intervista esclusiva: ROBERTO DISO

Intervista condotta da José Carlos Francisco, con la collaborazione di Giampiero Belardinelli e Roberto Pagani per la formulazione delle domande, di Júlio Schneider (traduttore di Tex per il Brasile) e di Gianni Petino per le traduzioni e le revisioni e di Bira Dantas per la caricatura.

Carissimo Maestro Roberto Diso, cominciamo dal posto che hanno avuto i fumetti nella sua infanzia.
Roberto Diso: Beh, quando ero molto giovane, forse quasi un bambino, mi divertivo a ridisegnare a mio modo le storie che leggevo. In pratica utilizzavo solo la sceneggiatura.

Com’è arrivato a fare il disegnatore di fumetti? Vocazione o caso?
Roberto Diso: Vocazione non direi, mi piaceva molto disegnare, questo sì, e fare queste cose mi permetteva appunto di disegnare. Ho invece sempre pensato, quando ero molto giovane, che fare fumetti fosse una attività per me, diciamo, interlocutoria e che in futuro avrei fatto il pittore, cosa che comunque faccio tuttora insieme ai fumetti. Sappiamo tutti però che i soldi per i giovanissimi sono stati sempre pochini ed è questo il motivo che mi ha indotto a fare le “matite” per le mie prime storie a fumetti mentre ero studente del liceo artistico a Roma. Bisogna anche ricordare che in quegli anni dedicarsi a quel genere di attività non sembrava così promettente dal punto di vista economico e, cosa che oggi fa un po’ sorridere, non era neanche giudicato dai più un lavoro, almeno in Italia, diciamo così del tutto “serio”.

Ha iniziato la sua carriera a ventidue anni: può parlarcene?
Roberto Diso: Sì, diciamo che abbastanza presto le cose hanno cominciato a cambiare sotto vari aspetti e fare fumetti mi ha cominciato a interessare sempre di più, soprattutto perché col passare del tempo ho cominciato a notare che la qualità dei testi e dei dialoghi andava man mano migliorando così che il “genere” si stava, anche se lentamente, conquistando una maggiore dignità culturale.

Dopo il debutto, e prima di incontrare Sergio Bonelli, con chi ha collaborato?
Roberto Diso: Ai miei esordi ho collaborato con il “Vittorioso”, un periodico che veniva edito a Roma e mi consentiva un approccio più facile con quel tipo di attività. In seguito ho collaborato con vari editori, più che altro per l’estero, Francia principalmente, qualcosa per la Germania, finché non ho iniziato a lavorare per la “Fleetway Pubblication” con storie che, all’inizio, erano soprattutto di carattere bellico, per passare poi ad altri generi, e questa collaborazione mi ha impegnato per diversi anni.

Nel 1974 ha conosciuto Sergio Bonelli: in quale occasione?
Roberto Diso: Ho conosciuto Sergio Bonelli quasi per caso. In quel periodo prestavo gratuitamente la mia collaborazione al WWF, e con Fulco Pratesi, che ne era il presidente, decidemmo di cercare di coinvolgere le pubblicazioni destinate ai giovani, allo scopo di propagandare il protezionismo animale e ambientale presso coloro che avrebbero potuto in futuro essere i più adatti a realizzarlo. I giovani appunto. Con Pratesi andammo a Milano e, tra gli editori con i quali abbiamo avuto contatti, Sergio Bonelli fu l’unico che rispose con entusiasmo alla nostra iniziativa, così che quasi subito, nelle sue pubblicazioni, apparvero degli inserti da noi realizzati che riguardavano ambienti, animali e popolazioni remote che stavano correndo rischi di vario genere e sempre più gravi in varie parti del mondo. Non meraviglia certo oggi che Bonelli abbia risposto così prontamente alle nostre richieste, perché sappiamo bene tutti quanto egli stesso abbia constatato personalmente il degrado di certi ambienti naturali che rivedeva magari dopo alcuni anni e quanto dolorosamente questo lo colpisse. Certo un personaggio di questo tipo era allora veramente raro e tanto più prezioso in quanto lo stesso WWF, in Italia e nel mondo, stava muovendo, si può dire, allora i primi passi. Da cosa nasce cosa, il mio lavoro lo ha colpito favorevolmente, mi ha proposto una collaborazione con la sua Casa Editrice e io naturalmente ho subito accettato.

Nonostante il suo esordio in Bonelli avvenga nel novembre del 1975 con il sesto numero di Mister No, “L’uomo della Guyana”, lei per la Casa Editrice di Sergio Bonelli aveva già illustrato due racconti “liberi”, in seguito apparsi sulla Collana Rodeo. Cosa ricorda di quei due episodi?
Roberto Diso: Devo dire che li ricordo con una certa emozione perché ho avuto subito l’impressione che la collaborazione con Bonelli stesse per cambiare la mia vita professionale. Fino ad allora infatti, come ho già avuto occasione di dire, consideravo il lavoro che stavo facendo con i fumetti una specie di preambolo a quella che sarebbe stata la mia attività futura, quella appunto di pittore. Con Bonelli le cose sono subito cambiate anche perché, avendo potuto conoscerlo personalmente, ho avuto la netta sensazione di aver trovato in lui, oltre che un editore, un amico importante.

Come è iniziato il rapporto di lavoro con l’editore milanese? Ha fatto delle tavole di prova anche per altri personaggi?
Roberto Diso: Dopo aver realizzato questi due primi racconti, Sergio Bonelli mi ha proposto subito di collaborare a Mister No senza coinvolgermi in altri prove.

Certo, Mister No: com’è stato all’inizio il suo approccio con questo innovativo personaggio?
Roberto Diso: Intanto Bonelli mi ha subito illustrato le caratteristiche psicologiche di questo personaggio che, soprattutto da questo profilo, era diverso da tutti quelli che lo avevano preceduto. Naturalmente queste mi hanno intrigato subito perché Mister No affrontava i problemi come io stesso avrei voluto che venissero affrontati. La mia collaborazione con il WWF dimostrava già questo, almeno per quanto riguarda l’importanza che aveva per me il protezionismo nei suoi vari aspetti. In seguito, e per fortuna, questa sensibilità si è molto diffusa anche se molto, moltissimo, rimane ancora da fare. Certo Mister No non si può definire un protezionista in senso stretto, ma se si considerano i suoi atteggiamenti si nota che sono improntati generalmente anche a preoccupazioni di questo tipo.

E’ vero che Mister No avrebbe dovuto essere una miniserie di soli cinque numeri, e che lei è stato chiamato in fretta e furia a proseguirne le avventure in virtù delle eccellenti vendite dei primi albi?
Roberto Diso: Di questa miniserie sento parlare solo adesso, può darsi che questa fosse la prima intenzione, ma personalmente non ne sono mai stato al corrente.

Nel corso della sua permanenza in SBE ha collaborato con i più importanti scrittori italiani di fumetti (tra gli altri Nolitta, Sclavi, Castelli, Nizzi, Faraci, Ongaro, Mignacco, Manfredi…). A parte Sergio Bonelli, con il quale il feeling traspare da ciascuna delle decine di storie di Mister No realizzate assieme, con quale altro sceneggiatore si è trovato particolarmente in sintonia?
Roberto Diso: Devo dire che, pur se relativamente poco aderenti allo spirito di Mister No, le sceneggiature di Tiziano Sclavi mi hanno sempre molto divertito per la loro impostazione di tipo cinematografico con colpi di scena ad effetto che normalmente non si ritrovano nelle storie di tipo classico.

Molti gioielli pubblicati sulle pagine di Mister No portano la sua firma: avventure come “La mafia non perdona”, “Il demone etrusco”, “I gangsters”, o i primi speciali estivi sono ormai considerati dei piccoli classici del fumetto popolare italiano. C’è, all’interno della saga del pilota americano, qualche episodio che ricorda più volentieri di altri?
Roberto Diso: Credo di poter dire che le storie sahariane sono fra quelle che mi hanno coinvolto di più insieme a quelle dove ci sono diverse scene sottomarine. Il mondo subacqueo mi interessa particolarmente forse perché ho avuto modo di praticarlo personalmente e con grande interesse e piacere.

Con Mister No ha potuto dare liberamente sfogo ad alcune delle sue passioni, come l’ecologia, la natura, la fauna e, ad un certo momento, ha anche rivisitato la fisionomia di Jerry a sua immagine e somiglianza. Quanto c’è di Roberto Diso nel carattere del personaggio nolittiano?
Roberto Diso: Spero più di qualcosa a prescindere da una certa somiglianza fisica, dovuta più che altro al fatto, io credo, che un disegnatore, quando viene lasciato libero graficamente nei confronti del personaggio, tende quasi inconsapevolmente a dargli le proprie caratteristiche fisiche, magari anche “migliorandole” un po’, forse perché sono quelle che conosce meglio, sentendosele, come dire, addosso. Tra l’altro, che questo avvenga abbastanza spesso lo ho potuto più volte notare anche nel lavoro dei miei colleghi, quando mi è capitato di conoscerli personalmente; non di rado infatti ho potuto notare una certa somiglianza tra loro e i loro personaggi.

E quali sono le caratteristiche di Mister No che sente più vicine alla sua personalità?
Roberto Diso: Diverse, anche se questa è una domanda un pochino imbarazzante perché sarei costretto a dare di me una immagine in chiave troppo positiva, visto che Mister No è un personaggio decisamente positivo. Comunque più di una direi, anche se certo non siamo del tutto sovrapponibili. Diciamo, tanto per fare una battuta, che il suo dichiarato interesse per il mondo femminile mi trova decisamente schierato al suo fianco.

Quando ha iniziato a distaccarsi dal modello grafico originario del personaggio? E perché?
Roberto Diso: Non me lo ricordo, a dire il vero, probabilmente con il tempo e approfondendolo meglio ho elaborato una fisionomia del personaggio secondo me più aderente alle sue caratteristiche psicologiche, come il suo disincanto verso i mali inguaribili del mondo ma continuando pur sempre ad arrabbiarsi per le cose storte che gli accadono intorno. Questo probabilmente è anche alla base di una espressività fisionomica che ho cercato di dargli per rendere più evidenti certi suoi stati d’animo del momento.

Abbiamo detto che le sue tavole realizzate per Mister No le hanno permesso di mostrare tutto il suo amore per gli aspetti naturalistici, dalla flora alla fauna. Negli anni Settanta, i lettori dei fumetti bonelliani non erano abituati a inquadrature in cui gli animali e la vegetazione, con i personaggi lontani sullo sfondo, dominavano all’interno della vignetta. Come hanno reagito i lettori di quel periodo?
Roberto Diso:
Ho cercato, per quanto ho potuto, di mettermi anche nei panni di un animale, quale che fosse, che mi sia capitato di inserire nella scena che stavo disegnando, in modo di dar loro un ruolo se non di protagonista, almeno di comprimario. Ho anche sempre pensato che qualsiasi altro “essere” debba vedere qualsiasi situazione come parte del “suo” mondo e non del “nostro”, come noi esseri umani tendiamo a fare, così che questi nostri compagni di tragitto rimangono quasi sempre sullo sfondo a fare più che altro il servizio di un “fondale”. Per quanto riguarda le reazioni dei lettori, non saprei dire, non ho dati precisi in merito, ma il riscontro del successo del personaggio dimostrerebbe, almeno in una certa misura, un deciso apprezzamento di questo nostro sforzo da parte loro.

Ha dedicato il suo lavoro a Mister No per oltre trent’anni con innumerevoli storie e, da un certo punto in avanti, anche le copertine portano la sua firma. Negli ultimi tempi lei avvertiva una certa stanchezza narrativa? Avrebbe voluto disegnare altri personaggi della Casa Editrice? Che emozione ha provato ad illustrare le tavole dell’albo n. 379, che sancisce la fine della serie dopo 31 anni?
Roberto Diso: Devo dire che nessuno degli altri personaggi mi ha mai coinvolto come Mister No, ho infatti avuto la grande fortuna umana e professionale di trovarmi sulla sua strada e, per quanto mi riguarda, non potrò dimenticare quanto questo personaggio mi sia stato utile nel far maturare il mio segno grafico oltre che, perché no?, in qualche modo anche il mio mondo personale, dal momento che qualsiasi cosa si faccia, di veramente coinvolgente, lascia una traccia dentro di te. E Mister No è stato certamente coinvolgente. Per quanto riguarda la sua conclusione, Mister No, a mio parere, ha risentito soprattutto della sua data di nascita personale, che lo ha portato a vivere due episodi di grande rilevanza storica e rigorosamente situati nel tempo: la Seconda Guerra Mondiale, con quello che ne è conseguito storicamente per il mondo, e poi la guerra di Corea. Questi episodi si stanno però inevitabilmente allontanando nel tempo e con loro il mondo di Mister No. Chi tra i giovani lettori sente di poter partecipare emotivamente, come chi ha la nostra età, a quello che hanno rappresentato per noi quegli avvenimenti? Pochi direi, non abbastanza comunque per far sopravvivere un personaggio che pur se ha aperto più di una via, ormai quasi tutti queste vie le percorrono senza dare loro troppa importanza perché ormai molto più che acquisite e quindi di una normalità che non riesce più ad emozionare.

Nel periodo di Mister No ha anche collaborato con Rinaldo Traini: quali lavori ha realizzato per l’editore romano?
Roberto Diso: Con Rinaldo Traini ho potuto sbizzarrirmi un po’ nel fare cose che mi divertiva fare realizzando anche le sceneggiature. In genere storie brevi con il finale un po’ a sorpresa ma anche una storia lunga che si intitolava “Rodo il Cavaliere” e che mi ha permesso di immaginare il territorio nel quale ero venuto a vivere, nei dintorni di Roma, come sarebbe potuto cambiare nel tempo se fossero avvenute le cose che avevo immaginato potessero accadere. Una storia fantasy nell’insieme, con i protagonisti che se da una parte possono utilizzare una tecnologia estremamente avanzata, dall’altra vivono situazioni che hanno similitudini e agganci di tipo storico con il mondo dei principati e dei granducati del nostro mondo rinascimentale. Non ha avuto un seguito e il primo episodio è rimasto l’unico anche se nel cassetto ci sono gli abbozzi di diversi altri episodi non realizzati. Per Traini ho anche realizzato alcuni episodi di un personaggio che era sceneggiato da un gruppo di vari autori, al momento non ricordo quali, e che si chiamava “Rudi X”, ma devo dire che non si è trattato di una iniziativa molto fortunata.

Passiamo adesso al Ranger che dà nome a questo blog: nel 2003 approda a Tex, ma in realtà la sua prima storia western risale a circa 20 anni prima, con l’episodio di Mister No “Ombre rosse”: una storia surreale con echi fordiani (e non solo) scritta da Tiziano Sclavi, in cui lei realizza con la consueta maestria scene a cavallo, sparatorie, apaches, assalti alla diligenza. Dato l’ottimo risultato, sembra strano che la redazione non le abbia chiesto di dedicarsi a Tex fin da allora.
Roberto Diso: Più che una domanda, questa sembrerebbe una constatazione. Allora non mi fu chiesto, devo dire, e a mio parere la cosa si spiega più che altro con la necessità che io mi dovessi dedicare a tempo pieno al personaggio di Mister No. Tex, come sappiamo bene, poteva già allora contare su un congruo numero di validi realizzatori.

Nel disegnare Tex ha incontrato difficoltà? Ha dovuto modificare il suo solito stile?
Roberto Diso: Beh, l’unica difficoltà può essere stata quella di adeguarsi alla fisicità del personaggio che, francamente, non so se sono riuscito ad ottenere. Tex infatti ha caratteristiche convalidate dal tempo e alle quali non è del tutto facile adeguarsi. Un disegnatore della mia età ha uno stile ormai consolidato e affrontare un “mostro sacro” come Tex comporta necessariamente anche una “rivisitazione” di questo stile e forse persino di una buona dose di umiltà, caratteristica che io forse non possiedo a sufficienza e che normalmente e anche giustamente è patrimonio dei disegnatori più giovani. Comunque, non ho certo modificato il mio modo di disegnare. Soltanto gli ambienti, decisamente diversi, comportano un qualche adattamento stilistico perché le luci, le atmosfere, sono diverse e vanno affrontate come tali pur nei limiti del bianco e nero.

Come definisce graficamente il “suo” Tex?
Roberto Diso: In tutta onestà non saprei rispondere, l’unica cosa che posso dire è che quando affronto un nuovo personaggio, che si muove perciò in altri “ambienti”, mi sforzo io stesso di sentirmi in quegli stessi “ambienti”. Questo forse in qualche misura può influire anche sulla realizzazione grafica dell’insieme.

Ha preso dei modelli di riferimento particolari?
Roberto Diso: No, in genere credo di riferirmi alle cose che, nel tempo, mi hanno dato delle emozioni di una certa importanza, come film, libri o altro.

Ormai ha all’attivo 4 episodi di Tex, quasi tutti piuttosto lunghi e con tematiche per così dire “esotiche” (la legione straniera, i Caraibi…). Come giudica il suo approccio a Tex e al suo mondo? Concorda con il parere di alcuni lettori, secondo i quali, dopo l’ultratrentennale militanza sulle pagine di Mister No, tende a replicare sulla figura di Tex movenze ed atteggiamenti peculiari del pilota? Si pensi all’ironia, al beffardo sorriso di Jerry che ogni tanto fanno capolino anche nelle espressioni del Ranger.
Roberto Diso: Si, sono portato a concordare con il parere di questi lettori che mi sembrano piuttosto attenti nelle loro analisi. Certo cancellare i tratti di un personaggio che ci ha accompagnato per così tanti anni non è facile ed è quasi normale che tenda a rispuntare di continuo. Bisogna anche dire che io ho sempre tentato di dare espressività ai visi, in accordo con quello che stanno facendo o dicendo, e questo porta fatalmente a far assomigliare qualsiasi nuovo personaggio a Mister No, che è stato il mio primo da questo punto di vista.

Possiamo dire che la sua generazione è cresciuta a pane e western, sia al cinema che nel mondo delle nuvole parlanti. Anche lei ha avvertito, da ragazzo prima e da addetto ai lavori poi, il fascino di indiani, cowboys e del pittoresco mondo del West ? Conosce Tex solo dal punto di vista professionale o ha anche avuto modo di leggerne alcune storie?
Roberto Diso: Diamine, non so proprio immaginare la mia infanzia e la mia gioventù senza il cinema e le avventure di Tex, o anche delle storie lette nei libri che si ambientavano nell’ovest americano e, in genere, nella Frontiera. Ancora oggi quegli ambienti mi affascinano enormemente e, amando i cavalli come li amo, ancora monto in sella utilizzando spesso anche quella monta western che, pur così diversa da quella inglese, è certamente altrettanto affascinante e ricca di insegnamenti per chi ama questo tipo di mondo. Anzi, se posso fare un rilievo alle storie di Tex, è quello di occuparsi troppo poco dei particolari che riguardano il mondo dei cavalli del West e che, non dimentichiamocelo, hanno scritto insieme con gli esseri umani quella straordinaria epopea. Ma questa, lo so, è una mia monomania, perché non si può certo pretendere che ogni soggettista o disegnatore sia un esperto al riguardo e per affrontare certi temi senza dire sciocchezze, bisogna, almeno in una certa misura, esserlo.

Di recente ha collaborato con Paolo Morales e insieme avete realizzato lo splendido “Mohican” (2010), pubblicato nella collana Romanzi a Fumetti Bonelli. Già a uno sguardo rapido delle tavole si avverte la felicità dell’impostazione e si nota come non solo i paesaggi e gli animali siano raffigurati con la consueta sapienza ed eleganza, ma anche i personaggi siano dotati di una vitalità autentica. Com’è nata questa vostra collaborazione?
Roberto Diso: Paolo Morales non ho il piacere di conoscerlo personalmente ma ci siamo sentiti più volte telefonicamente per affrontare eventuali piccoli problemi. E’ un bravissimo soggettista e sceneggiatore e sa quindi come stimolare un disegnatore perché possa dare il meglio che può. I personaggi principali ovviamente li conoscevo già perché avevo letto da ragazzo il romanzo “l’Ultimo dei Mohicani”, storia che naturalmente mi sono andato subito a rileggere appena mi è arrivato il soggetto. Morales mi ha anche fornito della documentazione sui film che nel tempo hanno trattato quel tipo di ambienti che, insieme alla mia personale documentazione, mi ha consentito di non avere grossi problemi al riguardo.

Anche recentemente è stato inserito, da Gianfranco Manfredi, nello staff di “Volto Nascosto”, un personaggio a sfondo storico per il quale ha realizzato un episodio che le ha permesso di sfoggiare dinamiche scene di battaglia. E’ stata una collaborazione “una tantum” oppure disegnerà anche qualche numero di “Shangai Devil”, la nuova miniserie di Manfredi?
Roberto Diso: Mi è stato detto di un episodio della nuova serie che dovrei disegnare ma, per il momento, non so altro.

Cosa sta riservando ai suoi lettori per il futuro? Nell’ottobre 2011 è uscito un suo nuovo Romanzo a Fumetti a sfondo bellico, scritto da Tito Faraci. Proseguirà anche la collaborazione su Tex?
Roberto Diso: In questa lunga storia a sfondo bellico ci sono ambienti e situazioni che ho già affrontato molte volte durante la mia collaborazione, soprattutto con la Casa Editrice inglese, e quindi non ho avuto difficoltà di documentazione. Devo dire che al riguardo sono decisamente ben fornito. Per quanto riguarda altre storie di Tex non ho notizie ma se dovessero arrivare soggetti che lo riguardano sarò ben felice di affrontarli.

Com’è lavorare per Sergio Bonelli?
Roberto Diso: Com’è lavorare per un amico?

Il fumetto della SBE è sempre stato il suo obiettivo, oppure avrebbe preferito fare il cosiddetto “fumetto d’autore” come Pratt, Battaglia, Toppi, Manara?
Roberto Diso: Pensavo che prima o poi mi sarei forse dedicato al fumetto d’autore, magari facendo anche pittura, poi “purtroppo” ho incontrato Sergio… e non ho resistito al suo fascino… e a quello di Mister No.

Nelle sue tavole preferisce lasciare spazio solo alla sua fantasia, oppure utilizza anche altro materiale di supporto come fotografie, libri o altro? Utilizza internet per documentarsi ? Gli sceneggiatori l’aiutano in questa ricerca di documentazione?
Roberto Diso: Utilizzo tutto quello che mi può servire come documentazione e internet rappresenta un apporto prezioso in questo senso. Gli sceneggiatori, da parte loro, sono in genere molto solerti nel fornire la documentazione che ritengono necessaria.

Come procede nella creazione? Fa una pagina completa e dopo passa all’altra? E quali strumenti di lavoro utilizza?
Roberto Diso: In genere affronto un paio di tavole alla volta soprattutto per lasciare asciugare l’inchiostro su quella che ho appena affrontata. I miei strumenti sono quelli più classici: pennino, pennello e la biacca quando è necessario.

Quanto tempo impiega per disegnare una tavola? Ha degli orari? Come si articola una sua giornata tipo fra lavoro, letture, tenersi informato, ozio, vita familiare?
Roberto Diso: Non mi pongo limiti di lavoro rigorosi se non quando ultimare la storia diventa urgente o urgentissimo, ma non è una cosa che accada spesso. Dedicare tempo ad altre attività che mi piacciano è per me altrettanto importante del lavoro e quindi dedico a queste cose tutto il tempo necessario, ma non sono un programmatore meticoloso né dell’uno né delle altre.

Caro Maestro Roberto Diso, a nome del blog portoghese di Tex, la ringraziamo moltissimo per l’intervista che ci ha gentilmente concesso.

(Cliccare sulle immagini per vederle a grandezza naturale)

5 Comentários

  1. Ottima intervista come sempre nel blog portoghese di Tex, e anche con domande in un certo senso “scomode”… Complimenti!

  2. L’intera intervista denota molta passione e molta simpatia! Bravo Diso e bravo Zeca!! 😀 😀 😀 😀 😀

  3. Grande Diso! Chissà perché da subito disegnò un Mister No tutto suo che poi è diventato quello ufficiale!

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