Intervista esclusiva: MARCO VERNI

Intervista condotta da José Carlos Francisco, con la collaborazione di Giampiero Belardinelli per la formulazione delle domande, di Júlio Schneider (traduttore di Tex per il Brasile) e di Gianni Petino per le traduzioni e le revisioni e di Bira Dantas per la caricatura.

Ciao carissimo Marco Verni, e benvenuto sul blog portoghese di Tex! Per cominciare, raccontaci delle tue passioni di lettore di fumetti fin dall’infanzia.
Marco Verni: Ciao a tutti e grazie dell’attenzione che mi riservate e che non so se merito. Sono nato nel 1966 e ho cominciato a leggere fumetti a 7 anni. Come tutti i bambini dell’epoca, la prima tappa obbligata era il settimanale Topolino nel quale leggevo soprattutto le storie con i Paperi, quelle di Carl Barks in primis. In seguito, appassionato di film western come tutti i ragazzi dell’epoca, non sazio di quello che vedevo al cinema e in TV, trovavo in edicola quello che serviva per continuare a sognare. Il primo fumetto che comperai (grazie a mia nonna) fu La Storia del West di Gino D’Antonio, un episodio disegnato da Sergio Tarquinio dal titolo La grande sfida. La scelta cadde su quell’albo perché in copertina c’erano dei bellissimi indiani che facilitarono la mia scelta. Purtroppo, a differenza di oggi dove i bambini sono pieni di soldi e capricci, all’epoca potevamo scegliere UN solo fumetto e la scelta era sempre ardua e sofferta. La seconda volta che dovetti scegliere un fumetto, furono sempre dei bellissimi indiani in copertina a motivare la mia decisione e quella toccò proprio a Zagor con l’albo Le montagne selvagge.

Lo Zagor di Nolitta & Ferri (ma immaginiamo anche quello illustrato da Frank Donatelli), come tanti ragazzi degli anni Settanta, ti ha folgorato: quali emozioni hanno colpito l’immaginazione del Marco Verni ragazzino?
Marco Verni: La scelta dell’albo di Zagor fu abbastanza casuale: se per caso quel mese ci fossero stati degli indiani sulla copertina di Tex avrei scelto quest’ultimo, ma così non fu. Quando mi immersi nella lettura fui rapito dalla fluidità della sceneggiatura e dal disegno, semplice ma potente, e il personaggio per un bambino di allora esercitava un fascino fuori dal comune. La cosa che mi colpì più di tutte fu la scure di Zagor, così strana, mai vista in nessun film western, e così difficile (anzi impossibile) da riprodurre. Anche la pistola che usava Zagor era affascinante: una vecchia colt Navy e non la classica colt che si vedeva in tutti i film western e anche negli altri fumetti. Queste cose rendevano diverso e affascinante questo fumetto, così come tutto il mondo che Nolitta ci aveva costruito attorno e che ci avrebbe stregato per tutta la vita!

Quali sono gli ingredienti nolittiani che, da lettore e poi da autore, ritieni ancora oggi irrinunciabili?
Marco Verni: Io ritengo Nolitta uno dei più bravi narratori di fumetti di sempre, anche più del padre G. L. Bonelli (perdonatemi la bestemmia su un blog Texiano!) per il semplice fatto che quest’ultimo è riuscito a sceneggiare con successo solo Tex, risultando mediocre con tutto il resto, Zagor compreso, mentre Nolitta ha avuto successo, oltre che con Zagor, anche quando si è cimentato con Mister No, con Cico (cosa non facile) e pure con Tex (El Muerto!). Purtroppo, per gli sceneggiatori che gli sono succeduti è stato difficile reggere il confronto con Nolitta perché questi aveva una brillantezza e una facilità di scrittura irripetibili ed era un affabulatore nato: chi ha avuto modo di ascoltarlo dal vivo a qualche incontro veniva rapito dai suoi racconti come lo era dai suoi fumetti. Non sono gli ingredienti nolittiani a mancarmi, ma la capacità di saperli cucinare!

Come lettore nolittiano, ti ritieni legato alle storie fantastiche o avventurose più in generale o a quelle cosiddette impegnate, come l’indimenticabile Il giorno della giustizia?
Marco Verni: Mi sono piaciute tutte in egual modo senza prediligere un genere in particolare, anche perché il segreto del successo e della longevità di Zagor sta anche nel saper sempre variare genere e non stancare mai.

Puoi elencare almeno cinque titoli zagoriani del periodo nolittiano che, come Robinson Crusoe, porteresti su un’isola disabitata?
Marco Verni: Zagor contro il vampiro, Zagor contro Supermike, Il giorno della giustizia, Ora Zero, Libertà o Morte. Però facendo questa lista faccio un torto a tutte le altre storie nolittiane che amo allo stesso modo!

Nel luglio del 1990, in Italia, esce La corsa delle sette frecce, il trecentesimo numero della collana Zagor Gigante. Nella rubrica postale ricordiamo una lettera del lettore Marco Verni, che chiedeva uno Zagor più duro e un Cico comico e avventuroso sullo stile del Paperino di Carl Barks. In quel periodo, quali erano le tue insofferenze di lettore? E oggi, a distanza di anni, qual è la tua opinione sullo Zagor degli anni Ottanta?
Marco Verni: Alla fine degli anni 80 ero, come un po’ tutti i lettori zagoriani, un po’ deluso dalla gestione del personaggio. A mio avviso c’era una certa stanchezza e una sorta di rassegnazione che traspariva anche dalle dichiarazioni di Sergio Bonelli che riteneva il nostro eroe ormai esaurito. Per fortuna, negli anni a venire Boselli e Burattini hanno dimostrato che non era vero e che bisognava solo ritrovare entusiasmo e freschezza. Purtroppo (e questo succede spesso anche oggi) gli sceneggiatori che si cimentano con Zagor (e Cico) pensano che basti scrivere una buona storia con un eroe con la scure che ogni tanto lancia un urlo e impreca “per mille scalpi” e di un pancione che ha perennemente fame… ma ciò non basta perché per fare bene Zagor bisogna ricordarsi gli ingredienti nolittiani… altrimenti è come voler cucinare gli spaghetti e dimenticare di mettere il sale nell’acqua di cottura: alla fine li mangi lo stesso, ma non hanno nessun sapore!

Ritieni che, negli anni successivi, siano stati accolti quei tuoi suggerimenti di lettore?
Marco Verni: Ricordo che all’epoca si fece una riunione che portò un rinnovamento nella gestione della testata pur rimanendo nei binari della tradizione che ha permesso a Zagor di rimanere in edicola, pur con alti e bassi, fino a oggi. Sicuramente come lettore ho ritrovato in parte l’entusiasmo perduto, anche se ogni tanto qualche ricaduta, soprattutto negli ultimi anni, c’è stata, ma questo è un mio parere.

Alcuni anni dopo ti ritrovi a debuttare, come disegnatore, sull’Almanacco dell’Avventura 2003 (ottobre 2002): come e quando hai maturato la tua passione per il disegno? E come sei entrato in contatto con la Sergio Bonelli Editore?
Marco Verni: Mi sembra di aver raccontato tante volte questi aneddoti che temo di annoiare chi li leggerà. La passione per il disegno mi è maturata leggendo i fumetti: non ho un talento naturale come certi miei colleghi (che invidio tantissimo), ma solo la passione non tanto per il disegno quanto per il fumetto, per le emozioni che ha saputo trasmettermi nella mia vita. Le mie prime prove furono disastrose e quelli che ora sono miei colleghi le stroncavano senza appello… e non avevano tutti i torti! L’unico che (forse per la bontà d’animo che lo contraddistingue) decise di aiutarmi in questi tentativi fu il caro Moreno Burattini, che fu prodigo di consigli e incoraggiamenti fornendomi anche alcune tavole di sceneggiatura su cui allenarmi. Il regalo più grande me lo fece regalandomi la sceneggiatura inedita di una mini storia di Zagor (La strega) che, oltre ad essermi servita per progredire nel mio lavoro, mi dava la soddisfazione di cimentarmi con una VERA storia di Zagor scritta da uno dei sui autori di punta. A questo punto sentii una certa responsabilità e raddoppiai i miei sforzi per realizzarla, nonostante il tempo per farlo non fosse tantissimo, visto che all’epoca lavoravo in una pasticceria. Ricordo che disegnavo nei ritagli di tempo, alla domenica, nei giorni di riposo, e ognuna delle 8 tavole che compongono questa breve storia l’avrò disegnata almeno 3 volte di media. Dopo queste 8 tavole qualche miglioramento si iniziava a intravedere, ma ero ancora molto acerbo, ma nonostante ciò, quando decisi di propormi alla Casa Editrice, ho portato questa storia unitamente ad altre tavole di prova.

Puoi raccontare la genesi di quel tuo primo lavoro da professionista?
Marco Verni: Dopo qualche anno passato a disegnare tavole e migliorandomi poco (ma poco) alla volta, decisi d’accordo con Burattini di presentare le mie ultime prove al giudizio della Casa Editrice. Burattini all’epoca non lavorava ancora in redazione e Zagor era curato da Mauro Boselli che, il 2 agosto 2000, mi telefonò per dirmi che le mie tavole erano messe ai voti: lui si astenne dal voto (per gentilezza nei miei confronti) mentre tutti gli altri votarono NO… solo uno votò SI, ma essendo questi Sergio Bonelli, fui assunto ugualmente. Però da li a poco, le mie scarse doti tecniche e artistiche mi mandarono in crisi e da li a poco mi bloccai: per macinare tavole su tavole tutti i mesi non basta la passione e la voglia… bisogna anche saper disegnare e conoscere i fondamentali del disegno nonché la tecnica. A darmi conforto e fiducia ci fu ancora Sergio Bonelli (e anche Burattini) mentre il mio amico da una vita Davide Fabbri (disegnatore di fama internazionale) mi diede alcune lezioni e consigli che mi permisero di sbloccarmi e riprendere il mio cammino che da allora non si è più fermato!

Gallieno Ferri è stato ed è il tuo riferimento artistico: cosa ti colpiva del segno dell’artista ligure?
Marco Verni: Da lettore di Zagor ho sempre amato (penso come tutti) il segno di Gallieno Ferri, così elegante, morbido ed evocativo. Quando ho deciso di cimentarmi con Zagor, l’idea di ispirarmi a lui come modello non fu mia ma di Burattini, con l’avallo successivamente di Bonelli che sapeva bene che quello era lo Zagor preferito dai lettori.

Quali erano, all’inizio, le caratteristiche ferriane cui trovavi difficile riproporre nei tuoi lavori?
Marco Verni: La cosa che ancora adesso non riesco a riprodurre è la pennellata fresca e spontanea del maestro… io rimango comunque più freddo, qualcuno dice gommoso. Ma se penso da dove sono partito mi sembra di aver raggiunto comunque un buon risultato.

Come ha accolto Sergio Bonelli il tuo arrivo nello staff zagoriano?
Marco Verni: Sergio Bonelli sapeva benissimo che non ero un artista o un grande disegnatore come quelli con cui era abituato a lavorare, ma mi ha sempre sostenuto e spronato nonostante le mie scarse capacità: mi ripeteva sempre che “questo è un lavoro che si impara“. Sapeva che gli appassionati come me (e come Burattini), che seguivano i suoi lavori e che lo contattavano fin da ragazzini, erano quelli che più amavano il suo Zagor e lo avrebbero continuato nel solco da lui tracciato… e sapeva anche che questo è quello che voleva gran parte dei lettori. Come ho già detto, mi ha scelto, sostenuto e protetto nonostante avessi (giustamente) tutti contro… me compreso, perché nemmeno io credevo in me stesso come ha fatto lui! Alla fine aveva ragione lui… ma non è un caso se è il più grande editore di fumetti del mondo.

Nei tuoi lavori hai stabilito una collaborazione inossidabile con Moreno Burattini, e della nuova generazione di disegnatori zagoriani, sei l’unico ad aver lavorato soltanto con un unico sceneggiatore: com’è il rapporto professionale tra te e Burattini?
Marco Verni: Il fatto che io abbia sempre e solo disegnato storie sceneggiate da Burattini è una scelta mia alla quale Moreno è costretto (spero non troppo di malavoglia) a soccombere! Per gli altri disegnatori è abbastanza indifferente cosa disegnare e con chi collaborare… per me no! Essendo io zagoriano di nascita e un lettore (nolittiano) della primissima ora, difficilmente sopporto sceneggiature non convenzionali e poco ortodosse: Moreno è l’unico che riesce a ricreare lo spirito dello Zagor di un tempo e, cosa non da poco, conosce i miei limiti e i miei difetti e riesce a farmeli superare e a scrivere sceneggiature su misura per me. Inoltre condivido con il buon Moreno, oltre alla passione per i fumetti, anche quella per la musica italiana… nello spocchioso mondo in cui viviamo sono tanti che storcono il naso sapendo che ascoltiamo Umberto Tozzi anziché musica straniera.

Tra le tue storie un cenno particolare va al ciclo di Mortimer: immaginiamo che ti piaccia questo cattivo e quindi ti chiediamo se hai dato suggerimento allo sceneggiatore sullo svolgimento di alcune scene?
Marco Verni: Sono affezionato a Mortimer che, piaccia o non piaccia, è uno dei pochi villain post Nolitta degni di nota, e sono stato veramente fortunato quando Moreno ha pensato a me per la realizzazione grafica del suo personaggio dopo Ferri. Non collaboro con Burattini nelle sceneggiature, ma quando mi viene un’idea gliela espongo, poi vedrà lui se è il caso di utilizzarla oppure no. Sono invece molto critico se c’è un passaggio che non mi convince o un dialogo stonato: Moreno mi considera il lettore n.1, il prototipo dello zagoriano medio (in realtà mi definisce talebano) e dice che se una cosa non piace a me non piacerà nemmeno alla maggioranza dei lettori… praticamente mi usa come test :-). Scherzi a parte, il motivo per cui è un piacere lavorare con lui è che, nonostante la sua carriera (è colui che ha sceneggiato più pagine in assoluto di Zagor), è una persona umile e mai presuntuosa, sa ascoltare anche l’ultimo arrivato e sa mettersi sempre in dubbio, e (cosa più unica che rara) non si da delle arie, al contrario di tanti altri.

Senza anticipare nulla, puoi dare una tua opinione sull’ennesimo e atteso ritorno di Mortimer?
Marco Verni: Moreno sa che quando scrive una storia per me deve far finta di essere negli anni 70 e fare uno Zagor come si faceva allora. Questo ritorno di Zagor a Darkwood, dove ad attenderlo c’è Mortimer assetato di vendetta, ricorda certe avventure classiche come appunto Ritorno a darkwood o anche Zagor contro Supermike, e Zagor avrà scatti d’ira e collera come ai tempi di Nolitta (cosa che molti sceneggiatori dimenticano quando affrontano il carattere del personaggio), senza contare un pizzico di drammaticità e commozione!

Una storia che riteniamo un classico moderno – nel senso che omaggia Nolitta & Ferri, strizza l’occhio allo Sclavi di Incubi ma allo stesso tempo ha una forte personalità burattiniana – è il secondo Zagorone L’uomo che sconfisse la morte. Nelle tavole si nota il tuo costante miglioramento stilistico e anche di personalità: cosa pensi di questo tuo lavoro e della sceneggiatura di Burattini?
Marco Verni: Se anche non l’avessi disegnata io questa è, a mio avviso, la più bella storia di Burattini e che non ha niente da invidiare ai classici nolittiani: qui Moreno ha usato tutti gli ingredienti e li ha saputi cucinare con maestria. Non trovo una sbavatura, un dialogo troppo noioso (a volte capita, ma non qui) e la storia si legge tutta d’un fiato. Prima che uscisse in edicola, secondo me Moreno non aveva la consapevolezza di aver sfornato un capolavoro, forse perché è molto modesto (e anche insicuro) di natura, mentre io ero euforico avendo avuto la fortuna di poterlo illustrare, e ricordo che gli dissi “questa è la storia migliore che hai fatto: se fossimo a Giochi senza frontiere giocherei il Jolly” e Moreno mi rispose “mi fido di te e gioco il Jolly anche io :-)”. Infine ho proposto a Moreno di dedicare questa bella storia a colui che ci aveva cresciuti (come autori) e permesso di essere in grado di realizzarla: Guido Nolitta. I lettori l’hanno apprezzato e come noi si sono commossi!

Quanto tempo impieghi per disegnare una tavola? Hai degli orari? Come si articola una tua giornata tipo fra lavoro, letture, tenerti informato, ozio, vita familiare?
Marco Verni: La mia giornata tipo è molto monotona: sveglia alle 7, preparare i bambini per la scuola, poi dopo aver dato un’occhiata alle mail e altre cose, verso le 9 comincio a lavorare fino alle 13/13,30, stacco per pausa pranzo e alle 15 si ricomincia fino alle 19. Da quando ci sono i figli, gli svaghi sono sempre meno e come unico mezzo d’evasione mi concedo uno shopping compulsivo su eBay a base di fumetti e tavole originali (più o meno come fanno le donne con scarpe e borse). Di media faccio 3/4 tavole a settimana… se tutto fila liscio arrivo anche a 15 al mese, ma tra un disegno extra, una mostra, un incontro o qualche impegno familiare, è più facile che mi fermi a 13/14.

Il fumetto della SBE è sempre stato il tuo obiettivo oppure avresti preferito fare il cosiddetto fumetto d’autore come Pratt, Battaglia, Toppi, Manara?
Marco Verni: Mi ha sempre irritato la definizione fumetto d’autore contrapposta a fumetto popolare. Io amo Hugo Pratt che è un grande autore… ma è anche popolare perché vendeva e vende tuttora centinaia di migliaia di copie. Vedo invece artisti con la puzza sotto il naso che sono convinti di fare fumetto colto solo perché non se li fila nessuno e vendono poche centinaia di copie. Io non ho le capacità per fare un fumetto d’autore e nutro molti dubbi riguardo a chi lo fa convinto che siano meglio di Zagor e Tex.

Ti senti un artigiano del fumetto oppure un artista? Disegnare è per te uno stimolo, un divertimento oppure un lavoro?
Marco Verni: Io odio la parola artista, che trasuda presunzione in modo impressionante! Posso accettare che qualcuno venga definito artista, ma che uno si definisca tale da solo mi irrita notevolmente. A parte che l’artista è quello che crea, dietro ispirazione, senza pensare ai risvolti economici, mentre quando si fa un lavoro su commissione, sapendo bene che il fine ultimo è quello di vendere, si deve parlare di artigianato. Io sono un artigiano… la prima cosa che penso quando esce un mio albo è che venda un sacco di copie, non che vinca un premio della critica.

Puoi esporci la tua tecnica di lavoro?
Marco Verni: Disegno ancora a strisce (proprio come fa Ferri, ma non per emulazione ma perché è comodissimo) che poi monto formando la tavola completa. Inizialmente faccio la matita, nemmeno molto definita, e poi ripasso subito a china per vedere la striscia finita e poi passo alla successiva. La gran parte dei miei colleghi invece preferisce disegnare un certo numero di pagine a matita, poi in seguito ripassarle a china tutte insieme o a blocchi di 15-20 alla volta. Per fare le matite, uso un portamine HB, e per ripassare uso un pennello Windsor & Newton n.0 oppure n.1, e infine per sgommare uso una gomma della Rotring, la B20 che toglie la matita senza sbiadire la china.

Esiste un’altra testata bonelliana, per la quale non hai mai lavorato, e che ti piacerebbe tantissimo disegnare? In caso positivo, puoi dirci quale sarebbe e perché?
Marco Verni: Essendo molto tradizionalista, fatico molto a leggere i fumetti moderni e difficilmente riuscirei a disegnarli. Mi sarebbe piaciuto il Comandante Mark o il Piccolo Ranger ma non ci sono più da decenni… l’unico che fa parte ancora del mio mondo è Tex, anche se ultimamente faccio fatica a riconoscerlo, almeno graficamente!

Delle storie dell’ultimo periodo (diciamo degli ultimi venti anni), quali sono quelle disegnate dai tuoi colleghi che hai maggiormente gradito?
Marco Verni: Il ponte dell’arcobaleno di Ferri, Vendetta Vudu di Laurenti, Kraken di Andreucci.

Passiamo adesso al Ranger che dà nome a questo blog: oggi che sei un affermato disegnatore bonelliano, ti piacerebbe disegnare per Tex, ti è mai stato proposto?
Marco Verni: Non mi è mai stato proposto ma non me ne faccio un cruccio (a differenza di altri) perché Zagor è il mio personaggio preferito e non lo trovo un fumetto di serie B. Come ho già detto, se non uscisse più Zagor (facciamo gli scongiuri), Tex è l’unico che ha un mondo a me congeniale, ma non è detto che riuscirei a farlo come lo vorrebbero i lettori (o i curatori).

Cosa significherebbe per te disegnare storie di una leggenda dei fumetti come Tex?
Marco Verni: Per me è una leggenda anche Zagor, e disegnare Tex darebbe sicuramente prestigio a qualsiasi disegnatore… peccato che io sia una persona molto modesta e poco ambiziosa!

Chi o cosa è Tex, secondo te? Cosa ti piace di più nel Ranger e cosa di meno?
Marco Verni: La cosa che mi piace di Tex è la sua prepotenza e tracotanza a danno dei potenti e delle persone squallide: è quello che vorremmo accadesse nella realtà, e proviamo godimento e appagamento ogni volta che Tex lo fa al posto nostro.

Ritieni che Tex sia cambiato negli ultimi anni? Sotto quali aspetti?
Marco Verni: Nell’ultimo decennio di storie scritte da Nizzi, Tex aveva avuto risvolti spesso al limite del ridicolo e lo trovavo molto snaturato… ora, con Boselli al timone, Tex ha riacquistato le sue peculiarità e le storie sono tornate ad essere più mature (anche se a volte un po’ troppo complesse). Quello che non mi piace più oggi è la disomogeneità grafica: ci sono grandissimi autori, ma a volte mi sembra di non leggere Tex ma a volte Dampyr, altre volte Magico Vento oppure Ken Parker.

Per concludere il tema, come vedi il futuro del Ranger?
Marco Verni: Spero che le nuove evoluzioni grafiche non allontanino i vecchi lettori, quelli legati al Tex di Ticci, Lettèri, per tacere di Galep, perché la vedo dura rimpiazzarli con le nuove generazioni.

Che progetti ci sono nel tuo futuro? Puoi già anticiparci qualcosa?
Marco Verni: Nel mio futuro c’è sempre Zagor: a fine ottobre dovrei finire di disegnare lo scontro finale con Mortimer, poi, salvo imprevisti, dovrei tornare in coppia con Sedioli per un paio d’albi che usciranno in Italia nell’estate/autunno 2015.

Quali fumetti leggi attualmente, ovvero con quali ti identifichi maggiormente?
Marco Verni: Da bambino mi identificavo in Zagor, a 20 anni avrei voluto essere Mister No, oggi mi piacerebbe essere Tex, ma non ho le capacità ne il fisico per potermelo permettere. Oggi leggo qualche fumetto con molta fatica in quanto li trovo spesso banali o noiosi… spesso la brutta copia di un film o di un videogioco: a quel punto non bisogna meravigliarsi se i ragazzi oggi preferiscono film e videogiochi ai fumetti!

Oltre ai fumetti, quale tipo di libri leggi? E quali le tue preferenze nel campo del cinema e della musica?
Marco Verni: Non leggo molti libri per problemi di tempo e alla sera, quando il tempo l’avrei, mi si chiudono le palpebre per la stanchezza e quindi…! Riguardo al cinema, mi piacciono le commedie, anche italiane, basta che non siano troppo stupide… non amo la fantascienza come genere, ma non la scarto mai a priori. Mi piace il Western, ma ormai è sparito da anni. Causa stanchezza non riesco a vedere film troppo impegnati come Inception o La grande bellezza… purtroppo finisce che mi addormento! Per la musica, ascolto quasi esclusivamente musica italiana, passione che condivido con l’amico Burattini. I miei preferiti: Umberto Tozzi, Franco Battiato, Renato Zero e, senza vergogna, guardo dal 1981 anche il festival di Sanremo (immagino i conati di vomito provenire dal mondo del fumetto :-)).

Bene, noi avremmo finito. C’è ancora qualcosa che vorresti dire? Qualcosa che non ti è stato chiesto e che avresti assolutamente voluto far sapere ai nostri lettori?
Marco Verni: Non mi viene in mente altro… se viene a voi qualche altra curiosità fatemelo sapere! Un caro saluto a tutti!

Caro Marco, a nome del blog portoghese di Tex ti ringraziamo moltissimo per l’intervista che ci hai così gentilmente concesso.

(Cliccare sulle immagini per vederle a grandezza naturale)

6 Comentários

  1. Bell’intervista e sono molto soddisfatto della nostra collaborazione; Marco Verni ha rispettato il suo carattere sincero e, mentre ho letto le sue rispote, mi sembrava di sentire la sua voce con il suo intercalare romagnolo.

  2. Stupenda intervista, ha detto tante verità, alcune scomode, molto umile, molto sicero, quasi uno di noi. Un applauso meritato.

  3. “Uno di noi” direi di no perchè Verni è molto umile e io (come almeno il 50% degli Internauti) sono contraddistinto da parecchia spocchia e convinzione di saperne più di tutti.

    Precisato questo, l’intervista è davvero bella, e vi dirò che mi è piaciuta molto la sua interpretazione di Tex. Non è Zagor col cappello, come lo fa Ferri, bensì rappresenta veramente il nostro ranger preferito. Che sia il caso di provare Verni su un Color?

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