Intervista esclusiva: GIANFRANCO MANFREDI

Intervista condotta da José Carlos Francisco, con la collaborazione di Mário João Marques per la formulazione delle domande e di Júlio Schneider (traduttore di Tex e Magico Vento per il Brasile) e di Gianni Petino per le traduzioni e le revisioni.

Gianfranco ManfrediPossiamo darci del tu? Vorremmo che facessi una piccola autopresentazione di te stesso e del cammino percorso nella tua carriera, per quelli che ancora non ti conoscono bene.
Gianfranco Manfredi: Sono laureato in Storia della Filosofia. Il primo libro che ho pubblicato, infatti, era un saggio su Jean Jacques Rousseau. Nello stesso periodo però avevo esordito come autore di canzoni e cantante. I due lavori non mi sembravano compatibili. Ho scelto quello che mi lasciva creativamente più libero e cioè il secondo. Il mio amore per la scrittura era però superiore a quello per la musica, che pure mi dava grandi soddisfazioni, così approfittai della buona fama e della stima che mi ero guadagnato come cantante/autore per introdurmi nell’ambiente del cinema come sceneggiatore, principalmente, ma anche come attore e qualche volta come compositore di musiche da film. In seguito, piuttosto deluso dal fatto che in Italia all’epoca si producevano quasi esclusivamente commedie, mentre io prediligevo un cinema più radicale nelle sue scelte (dal western all’horror), ho deciso di affrontare la scrittura in modo più ampio e compiuto e sono così approdato alla narrativa, con una serie di romanzi (che continuano) che esplorano, diciamo così, i confini di genere (dal gotico, al giallo, al romanzo storico). Nei fumetti ho esordito solo negli anni 90, anche se conoscevo da tempo l’ambiente ed ero stato fin da piccolo un gran divoratore di “striscie”.

WesternCosa è per te il fumetto? Sia come linguaggio che come esperienza professionale.
Gianfranco Manfredi: E’ un mix tra narrazione visiva (affine a quella del cinema) e narrazione letteraria. Non richiede, a differenza del cinema, una macchina produttiva complessa, e consente, a differenza della letteratura, di lavorare in gruppo, come una piccola bottega artigiana. Dal punto di vista professionale, mi ha dato molto: continuità di lavoro, contatto continuo con i lettori di generazioni diverse, e anche ricerca estetica, perchè sempre nei miei fumetti cerco di sperimentare nuovi modi di raccontare. Anche la mia prima esperienza di ricercatore mi è risultata fondamentale per scrivere fumetti, che nel mio caso sono sempre frutto di una documentazione molto attenta di luoghi, ambienti, circostanze storiche e tradizioni popolari.

Gianfranco ManfrediCome sei arrivato a diventare scrittore di fumetti? E’ stata vocazione o il caso? E quali sono le tue influenze?
Gianfranco Manfredi: Il mio esordio è stato apparentemente casuale. Avevo sceneggiato per la televisione “Valentina” di Crepax e stavo cercando un altro fumetto da portare sul piccolo schermo. Un editore, Casarotti della Dardo, mi propose di scrivere direttamente io un fumetto, e accettai. Così nacque Gordon Link e tutto il resto venne di conseguenza. Però certo ci ero portato. Oggi è diventato il mio lavoro principale. Dunque non posso ritenerlo un caso. Influenze? Proprio non saprei. Io ho letto ogni genere di fumetto, ma ho sempre distinto tra quello che mi piaceva e quello che potevo fare io, con le mie qualità e i miei limiti. Questo me lo aveva insegnato la musica. Quando facevo il cantante invidiavo la voce di Joe Cocker, ma la mia era completamente diversa, non potevo certo usare la sua o presumere di poterla imitare. Dovevo crearmi un repertorio adatto a me.

Quando e come hai cominciato a pubblicare i tuoi primi lavori?
Gianfranco Manfredi: Alla Dardo, come ho detto. Ma se vogliamo essere precisi, già molti anni prima, quando (dalla metà dei 70) collaboravo con la rivista di controcultura Re Nudo, mi ero occupato di fumetti. Il riferimento principale allora erano per me i fumetti underground californiani, su tutti, quelli di Robert Crumb.

Mágico Vento com dedicatóriaCome e quando sei entrato a far parte della Sergio Bonelli Editore e qual’è stato il tuo primo lavoro? E com’è stato che sei passato a lavorare su Tex Willer? Scelta personale o un’imposizione?
Gianfranco Manfredi: Quando l’editore di Gordon Link dovette chiudere le sue attività per certe difficoltà finanziarie, mi rivolsi a Bonelli, che mi invitò a collaborare a Dylan Dog e parallelamente a studiare un nuovo progetto, che poi fu Magico Vento. L’episodio di Tex La Pista degli Agguati, anche se venne pubblicato molto tempo dopo, lo scrissi prima di Magico Vento. Chiesi io di farlo per poter prendere confidenza con la scrittura di un western. Non ho mai avuto imposizioni da Sergio Bonelli. Mi ha sempre chiesto cosa preferivo fare e mi ha sempre lasciato tempo per pensarci. Ad esempio quando ho sceneggiato Nick Raider, propostomi da Decio Canzio, non ho detto subito di sì. Il personaggio non mi convinceva molto. Però a me il giallo, come genere, viene molto facile, perchè ho una certa dimestichezza con i plot, così quando ho accettato, posso dire di essermi divertito e mi sono anche trovato più libero nello scrivere le storie, di quanto non mi fossi sentito con Dylan Dog o con Tex, proprio perchè il personaggio era più debole, dunque c’era più spazio per approfondirlo.

Os 4 pardsQuali sono state le prime preoccupazioni che il personaggio di Tex ti ha suscitato? E come ti sei preparato per scrivere le storie di Tex? Lo conoscevi già profondamente?
Gianfranco Manfredi: Io sono nato nel 48, esattamente come Tex. Lo conoscevo benissimo. Compravo regolarmente tutti i numeri. Quando scrivo Tex non ho dubbi, nè incertezze. Per me è come pensare di stare sceneggiando un film per John Wayne. Si sa a memoria come recita John Wayne, che tipo di personaggio interpreta, che tipo di battute pronuncia. Si sa benissimo cosa fa e cosa non gli si può proprio far fare.  I personaggi di Wayne non hanno una psicologia intricata, non si prestano a scene d’amore, possono avere dei dubbi e dei contrasti interiori perchè non sono affatto stupidi, ma risolvono i loro problemi sempre in azione, e non li esprimono a parole. Inoltre, cosa molto importante, occupano sempre il centro della scena. John Wayne poteva avere al suo fianco attori validissimi come Dean Martin o Robert Mitchum, ma non c’è dubbio che il protagonista assoluto era sempre e solo lui, al punto che il suo grande regista Hawks gli lasciava dirigere gli altri attori. Tex è così. Scrivendo si ha la sensazione che sia lui a fare la regia, tutto si muove intorno a lui e nel modo che impone lui. La storia procede in modo lineare, dal principio alla fine, senza intermezzi, deviazioni di percorso, flash back . Io qualche flash back ce lo metto lo stesso, nelle storie, non sempre, dipende dalle storie, ma non saprei rinunciarci per principio, perchè troppa linearità in fumetto rischia a volte di diventare prevedibile e anche un po’ noiosa. Però so limitarmi, perchè le avventure di Tex devono sempre avvenire nel momento, non possono avere troppe parentesi che riportino al passato o in scenari diversi da quelli in cui si svolge l’avventura. L’azione , secondo me, non deve avere pause. Possono solo esserci degli intermezzi , ma questi devono essere gustosi, come momenti di rilassamento della tensione che ci fanno capire, al di là della durezza, la simpatia di Tex, la sua umanità un po’ burbera, ma anche sincera, gioviale e ottimista, proprio come nei film di John Wayne.

La pista degli agguatiCome mai la tua storia di Tex (La pista degli agguati) è rimasta nel cassetto diversi anni senza essere data alle stampe, nonostante fosse terminata?
Gianfranco Manfredi: Questo bisognerebbe chiederlo all’editore. Ma già in passato era successo (con Oklahoma di Berardi) che certi episodi fossero stati dirottati nelle collane. C’è sempre un certo e comprensibile timore di sconcertare il lettore con episodi scritti, pur nel rispetto del personaggio, da qualcuno che ha una certa personalità come autore. Si teme che il personaggio possa prendere una strada troppo nuova, e di non poter poi chiedere modifiche a un autore che sa quel che fa e che difficilmente si piega a cambiare il proprio stile. Io mi ritengo piuttosto duttile, perchè mi ci ha abituato il cinema, dove uno sceneggiatore deve accontentare un sacco di gente, il regista, il produttore, gli attori… in fondo con Tex bisogna accontentare solo Bonelli e questo è già un bel progresso. La sua prudenza è frutto della sua esperienza come editore, dunque va accettata.

Fabio Civitelli e José Carlos FranciscoAbbiamo avuto il piacere di vedere in Portogallo le prime pagine di una tua storia di Tex disegnata da Civitelli. C’è qualcun altro che sta disegnando tue storie? Puoi darci qualche anteprima?
Gianfranco Manfredi: Oltre alla storia che sto scrivendo per Civitelli, ne sto scrivendo un’altra per Gomez (destinata a un Gigante). No, non voglio anticipare. Posso solo dire che c’è molta azione in queste storie e scene piuttosto spettacolari.

Come ti definiresti in qualità di autore di Tex? Secondo te hai delle attinenze con qualche altro suo autore?
Gianfranco Manfredi: Il mio riferimento principale è sempre il Tex originale, quello di Bonelli padre. Non è questione di attinenze. Il suo stile nei dialoghi è inimitabile, si può citarlo, ma gli si farebbe torto riproducendolo come una specie di “marchio di fabbrica”, perchè rischierebbe di diventare piatto. Nelle scansioni della storia, G.L. Bonelli era rapido e usava molti stacchi tipicamente cinematografici. Questo mi rende il compito più facile. Io faccio molta fatica a sceneggiare pagine dove non succede niente o scene tirate troppo per le lunghe.

Dorival, José Carlos, Fernanda, Gianni e autores da SBEPossiamo contare con Manfredi impegnato a far parte dello staff del ranger, anche se Magico Vento rimane una tua priorità?
Gianfranco Manfredi: Come ho detto, non prendo mai decisioni impegnative senza pensarci parecchio. So che a volte mi scatta un’idea (per esempio la serie Volto Nascosto, oppure un mio nuovo romanzo) e poi soffro se gli impegni assunti in precedenza mi impediscono di lavorarci. Dunque devo stare molto attento a lasciarmi sempre un poco di spazio libero, anche perchè negli ultimi tempi l’ho fatto troppo poco, col risultato di lavorare a ritmi quasi insostenibili. Non voglio mai trovarmi a dover consegnare una storia tirata via, non l’ho mai fatto finora e non voglio cominciare adesso.

Cosa significa per te scrivere storie per una leggenda dei fumetti com’è Tex, che sta per compiere ben 60 anni di vita editoriale?
Gianfranco Manfredi: E’ una soddisfazione e, come ho detto, anche un bel divertimento. Ciò non toglie che secondo me in questi anni, i lettori purtroppo sono meno curiosi e tendono ad affidarsi a personaggi già conosciuti, piuttosto che a delle novità assolute. Questo per un autore non è bello. Un autore resta tale finchè sa proporre qualcosa di nuovo. Ci avete fatto caso che le commedie di Woody Allen non facevano più ridere? I suoi recenti thriller sono molto più interessanti. Chi non cambia è perduto. E’ certo molto importante collaborare a mantenere vivo un marchio storico che ha ancora molti valori espressivi, però il primo dovere di una persona creativa dovrebbe restare quello di stimolare il pubblico con proposte che nascono oggi e per l’oggi, casomai con un pensierino per le generazioni future, piuttosto che per quelle passate. Gli eroi del west, del resto, cavalcano verso l’orizzonte, possono anche partire da casa, ma non ci tornano mai. Molti non ce l’hanno neppure, una casa. E i miei amati indiani erano eternamente nomadi, piazzavano le loro tende, le smontavano e ripartivano.

La pista degli agguati com dedicatóriaChe cammino ipotizzi per Tex? Esiste qualche costrizione editoriale o hai libertà per innovare qualcosa?
Gianfranco Manfredi: I rinnovamenti non si possono fare per il puro gusto di cambiare, questo è un atteggiamento infantile e poco professionale.Certi cambiamenti ci sono lo stesso anche quando si cerca di restare nel solco della tradizione. Se un fumetto resta uguale a se stesso mentre intorno tutto cambia, quel fumetto viene comunque percepito in modo diverso. Dunque la scelta non è mai tra cambiare o lasciare le cose come stanno. Perchè le cose non stanno mai nello stesso modo. Cambiano da sole. Il punto è quale direzione prendere. Ci sono cambiamenti che migliorano e in genere sono quelli all’altezza dei tempi, e ci sono cambiamenti che peggiorano perchè tradiscono le attese. Le resistenze editoriali sono dopotutto poca cosa rispetto a quelle del pubblico. Il nostro vero giudice, di tutti (dello scrittore, del disegnatore e dell’editore) è il pubblico. Più il pubblico chiede novità e le sostiene, e più ne avrà. Meno ne chiede e meno gliene saranno date. Le scelte, nel campo della cultura di massa, sono sempre del pubblico. Un autore che non lo tenga presente, in genere è un velleitario. Si considera magari un “artista” però non riesce a trovarsi mai in sintonia con il pubblico. E allora c’è da chiederselo: che artista è se non sa interpretare (certo anche criticamente) gli umori diffusi e lo spirito del suo tempo?

Tex Willer por TicciTi piacerebbe scrivere una storia su Tex in special modo per qualche disegnatore? Perchè?
Gianfranco Manfredi: Ho sempre sognato di poter scrivere una storia per Ticci, che con il suo stile ha davvero rinnovato Tex e senza bisogno di proclamarlo. E’ dinamico, ancora modernissimo, in lui il realismo non va mai a spese del grafismo.

Sai sempre a quale disegnatore verrà data la storia iniziata, adattandola eventualmente alle sue caratteristiche, o questo fattore è indifferente?
Gianfranco Manfredi: In genere lo so. Preferisco saperlo, anche se non sempre è possibile. Trovo stupido scrivere una storia di grandi cavalcate, se il disegnatore non si trova a suo agio a disegnare i cavalli. Studierò una storia di gente che va a piedi o in barca. Perchè costringerlo a fare una cosa per cui non è portato? Verrebbe male.

TexMágico VentoQuali differenze trovi tra Tex e Magico Vento?
Gianfranco Manfredi: Come personaggi e come strutture narrative sono uno il contrario dell’altro. Dovevo per forza differenziarmi, altrimenti tutti si sarebbero giustamente chiesti: che bisogno c’è di Magico Vento, visto che c’è già Tex? Invece ritengo, in tutta umiltà, che di Magico Vento ci fosse un gran bisogno. Qualche cambiamento positivo lo ha portato (in generale, nel panorama fumettistico, non solo e non tanto nei confronti di Tex), ben al di là di quanto io stesso potessi prevedere e sperare. Sapevo fin dal principio che sarebbe stata una serie difficile, se non altro per il fatto che il genere western non è più così popolare, da decenni, tra i giovani. Ma non mi va di confrontare Magico Vento a Tex, perchè appunto sono cose diverse. E poi Tex è un personaggio gigantesco. Nessun attore (ripeto) si può paragonare a John Wayne. Io, generazionalmente, preferivo, che so… Al Pacino. Però Al Pacino è soltanto un grande attore, mentre John Wayne è un mito. La differenza è profonda e non sta nella bravura in sè, ma nel rapporto che si è stabilito tra personaggio e pubblico.

Tex rappresenta il western, un western puro e duro ma in cui esiste un coacervo di valori come l’amicizia, l’onore, la giustizia, la lotta per gli ideali. Come hai approcciato tutto questo?
Gianfranco Manfredi: Sì, va bene. C’è questo e c’è altro. C’è anche l’idea “Io sono la Legge”,che è insieme un’idea liberale e anarchica, ma può però diventare pericolosamente autoritaria.
Cerco di lavorare tenendo sempre presente che anche l’ideale più puro contiene delle contraddizioni. In un capolavoro come Sentieri Selvaggi, John Ford e John Wayne, le contraddizioni non ce le risparmiano!

Mágico VentoCome vede Manfredi l’ovest di Magico Vento con quello più puro, forse più realista, di Tex?
Gianfranco Manfredi: Secondo me, Magico Vento è un fumetto molto più realistico di Tex: tutto è storicamente documentato, e anche le leggende non sono inventate, fanno parte della cultura nei nativi americani. Magico Vento non incontrerà mai i vikinghi o i soldati della Legione straniera nel west o addirittura i marziani, come invece è accaduto a Tex. Una volta ho cominciato a scrivere una storia in cui Magico Vento combatteva contro una razza extraterrestre di cacciatori tipo Predator. Maurizio Milano ne disegnò qualche tavola di prova. Mi sono reso subito conto che non funzionava (non per i disegni, proprio per la storia) e l’ho cambiata completamente, escludendo complicazioni extraterrestri. Queste cose non c’entrano niente con MagicoVento. Possono risultare divertenti con Tex o con Zagor, ma in Magico Vento io racconto visioni, incubi e ossessioni degli uomini della frontiera, non posso sconfinare sul terreno del Fantasy, dove tutto è consentito, devo mantenere un orizzonte storico e culturale molto preciso.

WesternQuali le maggiori difficoltà che hai incontrato a saltare da uno stile all’altro senza peraltro abbandonare il terreno del western in cui alla fin fine si muovono i due eroi?
Gianfranco Manfredi: Gli stili vanno alternati per forza, altrimenti si sprofonda nella routine. Uno scrittore oggi deve saper usare stili diversi a seconda del tipo di storia. Dal punto di vista stilistico, anche se ci sono delle preferenze e delle caratteristiche che mi contraddistinguono, io ho cambiato sempre, nei miei romanzi. Non si possono raccontare cose diverse nello stesso modo. Un noir, tanto per fare un esempio, richiede tempi più stretti e dinamici e uno stile più nervoso ed essenziale di un romanzo storico.

Per potere svolgere bene un tema, ti è mai capitato di desiderare di scrivere soggetti più particolareggiati, o non t’importa di scrivere un minor numero di pagine?
Gianfranco Manfredi: Quando ritengo utile scrivere un soggetto, preferisco scriverlo ampio, in modo che sia una vera pre-sceneggiatura. Il che non mi impedisce comunque di cambiarlo anche radicalmente in sede di sceneggiatura vera e propria. Prima di scrivere il mio nuovo fumetto Volto Nascosto, ad esempio, ho scritto un soggetto molto particolareggiato di tutta la storia, dal principio alla fine, e questo mi ha consentito poi di realizzare i quattordici episodi della serie molto più rapidamente. Con  Magico Vento invece, ormai conosco talmente bene il personaggio e il suo percorso, che preferisco mettermi a scrivere subito, come se invece che al computer, fossi seduto al pianoforte e mi mettessi a suonare liberamente senza spartito. Poi certo, torno spesso indietro, correggo, cambio. Non mi accontento dell’improvvisazione, che a volte è ingannevole. Quello che lì per lì ti sembra efficace, poi a mente fredda può risultarti invece troppo occasionale. Una composizione è una composizione, deve avere degli equilibri interni, a volte è anche necessario sacrificare delle parti che in sè sono belle, ma nell’insieme stonano.

José Carlos Francisco e Gianfranco ManfrediQual’è la tua tecnica per svolgere una sceneggiatura con un numero esatto di pagine?
Gianfranco Manfredi: In genere scrivo soggetti di otto pagine, in modo che ciascuna corrisponda a dieci pagine di sceneggiatura, lasciandomi uno spazio extra per raccontare in modo più comodo e meno contratto. Se in sede di soggetto mi lascio prendere la mano e alla fine diventa un trattamento di venti pagine, allora devo calcolare che ogni pagina di trattamento non può svilupparne più di quattro di sceneggiatura, altrimenti conviene scrivere la storia in due episodi. Però come ho detto, il più delle volte comincio a scrivere e trovo i giusti equilibri in corsa, magari sacrificando degli sviluppi che avevo in mente, ma che non ho spazio per sviluppare bene.

Qual’è la parte più importante di una storia ? L’inizio, la fine, i dialoghi…
Gianfranco Manfredi: Una storia a fumetti è importante in ogni singola pagina. Si può tollerare una vignetta poco riuscita, ma una pagina mal riuscita è un calo di tensione, e se questo tipo di pagine diventano troppe, va a finire che il lettore le salta e passa a quelle efficaci. Un buon inizio avvince, ma deve condurre a uno sviluppo appassionante e a un finale all’altezza, altrimenti diventa come certi rapporti d’amore che all’inizio sono pieni di promesse, ma poi franano nella delusione più totale. Più l’inizio è avvincente e più quel che segue deve andare di conseguenza e sicuramente mai in calando. A volte è preferibile un inizio prudente che conduca ad un finale scoppiettante. I finali sono sempre la cosa più difficile. Spesso uno scrittore ci arriva stanco. E’ utile prendersi una pausa prima di affrontare le ultime trenta pagine. Perchè quelle devono davvero sorprendere. Non sempre ci si riesce, purtroppo.

Gianfranco ManfrediQuanto tempo impieghi per scrivere una storia? Hai degli orari? Come si articola una tua giornata tipo fra lavoro, letture, tenerti informato, ricerca di nuovi argomenti, vita familiare?
Gianfranco Manfredi: La più sacrificata è la vita famigliare, anche se ho la fortuna di avere una famiglia felice. Mi alzo, rispondo alla corrispondenza e a interviste come questa, leggo il giornale, pranzo, e poi mi metto al lavoro, tutti i giorni, inclusi quelli festivi, fino all’ora di cena. Dopo cena, qualche chiacchiera in famiglia, qualche telefonata (breve) e poi… devo confessarlo, vedo una media di tre film per sera, tra quelli che passano in televisione e quelli in Dvd. Se il film mi annoia (ultimamente mi accade spesso, forse perchè ormai ne ho visti troppi) prendo appunti per le pagine che devo scrivere il giorno dopo. Vado a dormire verso le due di notte. E poi si ricomincia. Non è molto animata, la vita di uno scrittore. Per leggere, in genere sfrutto i viaggi in treno o in aereo. Non guido l’automobile e dunque quello è tutto tempo guadagnato alla lettura. A volte mi prendo un po’ di tempo per godermi i normali e giusti piaceri della vita, ma non riesco a reggere più di dieci giorni senza scrivere. Per me è un bisogno insopprimibile.

Sala Tex em MouraNel 2007 abbiamo avuto in Portogallo un’anticipazione mondiale di quindici nuovi disegnatori di Tex. Come vedi questa entrata di tanti nuovi elementi  nello staff di Tex? Questo potrebbe essere un nuovo corso nella vita della serie?
Gianfranco Manfredi: Non lo so. Se devo essere sincero, non ci capisco niente. Può darsi che si voglia sperimentare per poi fare in seguito delle scelte più definite, oppure che ci sia bisogno di sostituire i disegnatori più anziani, oppure che i nuovi disegnatori, più lenti nei tempi, non riescano a finire storie lunghe come quelle di Tex in tempi sicuri e dunque si voglia disporre di alternative. Ma queste sono ipotesi.

C’è stato un rinforzo anche a livello di sceneggiatori ultimamente com’è per esempio il tuo caso. Pensi che fosse qualcosa  d‘inevitabile? E con tanti sceneggiatori non pensi si possa correre il rischio di vedere Tex snaturato?
Gianfranco Manfredi: Anche qui ci capisco poco. Io di queste cose non mi occupo. Non rientrano nella mia competenza. E non invidio certo Sergio Bonelli che oltre che di Tex deve farsi carico di vigilare su tutte le altre testate. Se dovessi leggermi tutti i fumetti che Bonelli pubblica, non dico che mi suiciderei, perchè non ho mai avuto tendenze di questo tipo, però certo mi troverei al più presto un altro lavoro.

Mauro Marcheselli e Gianfranco ManfrediSolamente alla SBE hai già lavorato con Dylan Dog, Nick Raider, Tex e ovviamente con le tue “creature” Magico Vento e Volto Nascosto: quale di questi personaggi ti ha dato maggior piacere nello scrivere e qual’è il segreto per scrivere storie di personaggi (e tematiche) tanto differenti?
Gianfranco Manfredi: Il segreto? Sarà che io mi diverto a scrivere. Certo ci sono fumetti che non scriverei mai, per esempio Diabolik (mi piace il personaggio, ma non il format) e alcune proposte anche di notevole livello che mi offrivano di riprendere personaggi gloriosi, magari di autori ahimè scomparsi, le ho rifiutate a costo di sembrare snob. Non sono affatto snob, ma so cosa mi va di scrivere e cosa no. Per esempio mi piacerebbe scrivere delle storie d’amore. Non l’ho mai fatto, ma l’esperimento mi attrae. Un pochino ho cercato di farlo in Volto Nascosto, e può darsi che in futuro lo faccia in un romanzo. Difficile poterlo fare fino in fondo in fumetto perchè nè Bonelli nè altri editori in Italia sembrano attualmente interessati ad altro che a fumetti d’avventura oppure umoristici. Non scriverei certo dei polpettoni sentimentali, credo che l’amore lo si possa raccontare in altro modo, però… torno al tema della domanda. Per scrivere cose diverse, bisogna anzitutto leggere cose diverse, ampliare il raggio dei propri interessi, guardarsi intorno e imparare ad apprezzare le persone per quello che sono e non per quello che vorremmo che fossero, e bisogna sognare molto, sapersi immaginare quello che non esiste, ma che potrebbe esistere. In sintesi bisogna essere prima curiosi e poi creativi.

Mágico Vento com dedicatóriaMagico Vento ha superato la barriera storica dei 100 numeri. Cosa possiamo sperare dalla serie ancora nel futuro? Hai già immaginato come potrebbe essere l’episodio finale?
Gianfranco Manfredi: Magico Vento non prevede finale. Alcuni dei finali previsti, i lettori potranno vederli quest’anno e l’anno prossimo, quando certi filoni della serie verranno portati a conclusione. Ma il finale definitivo non c’è. E’ sempre così, per i seriali. Per quanti sforzi si facciano, non si riesce mai a completarli davvero. Il più delle volte finiscono di colpo, perchè il pubblico si stanca, e restano incompiuti. Altre volte finiscono, anche in modo ben studiato, ma ricominciano anni dopo, nelle mani di altri autori o di altre editori. Un personaggio seriale ha una vita tutta sua e indipendente dalla volontà dell’autore. Conan Doyle ha cercato più volte di far morire Sherlock Holmes, ma è sempre resuscitato e se non lo resuscitava lui, lo resuscitava qualcun altro. Invece Mandrake, che pure è stato un grande personaggio, è proprio morto, non in una storia, è morto perchè non lo si è più pubblicato e nessuno lo ha ripescato. Perchè? Mistero. Secondo me, si è fatto sparire da solo. Puff!

Gianni Petino, Fernanda Martins e Gianfranco ManfrediPuoi dirci a che punto è l’edizione speciale di Magico Vento? Come sarà questa edizione e chi la sta disegnando? Sai già la data approssimativa di uscita?
Gianfranco Manfredi: No, guarda, rinuncio a parlarne. Tutte le volte che l’ho fatto, è successo qualcosa: o non si trovava il disegnatore giusto per la storia, o non avevo tempo per finire di scriverla, o non si sapeva bene quando programmarla, perchè i nostri sforzi erano concentrati su questioni più urgenti. A furia di annunci e di smentite, i lettori lo aspettano come se fosse chissà quale meraviglia e temo che anche se dovesse risultare bello, molti ne resterebbero delusi. Forse è meglio che i lettori se lo dimentichino, così quando uscirà, sarà una sorpresa.

Com’è nata l’idea di creare Volto Nascosto? Cosa puoi dirci di questa miniserie, ancora sconosciuta ai lettori portoghesi e brasiliani?
Gianfranco Manfredi: Sarebbe troppo lungo parlarne a fondo. Mi limito a dire che è un vero romanzo a puntate, in quattordici episodi, ambientato alla fine dell’ottocento nel contesto della prima guerra coloniale italiana contro l’Etiopia.

Gianfranco Manfredi, o cineastaOltre al fumetto scrivi romanzi e lavori per il cinema, il teatro e la musica. Cosa puoi dirci su quest’altra tua attività che forse è sconosciuta alla maggioranza dei tuoi lettori? E come riesci a trovare il tempo di dividerti fra tante attività?
Gianfranco Manfredi: Non mi divido più ormai, perchè i fumetti assorbiscono quasi tutto il mio tempo. L’unica cosa cui non potrei rinunciare sono i miei romanzi. Dalla musica mi sono parecchio allontanato. Di film in Italia se ne producono pochi e quelli che si producono non mi interessano molto. Ce ne sono anche di belli, per carità, però la fatica per portare a termine un film di qualche valore espressivo, oggi in Italia è veramente improba. Sono abituato a lavorare duramente, ma non sono disposto a faticare come un mulo per cose che poi non vengono realizzate, o vengono realizzate male, o cinque anni dopo che uno le ha pensate, oppure che non trovano spazio nei cinema perchè la distribuzione è in mano agli americani. Non si può scrivere bene con tutto questo stress addosso.

Gianfranco Manfredi, o maestroQuali sono i fumetti che leggi attualmente e con quali t’identifichi di più? Oltre al fumetto, quale tipologia di altri libri leggi? E quali sono le tue preferenze nella musica?
Gianfranco Manfredi: Leggo quello che mi incuriosisce, cercando di esplorare un po’ di autori esordienti o poco conosciuti, ma non leggo molti fumetti perchè non posso pensare solo a quello, altrimenti diventa un’ossessione. Leggo molti libri anche perchè me li mandano a casa, magari chiedendomi di presentarli. Molti di più sono quelli che compro e che poi ammucchio riservandomi di leggerli quando avrò tempo, cioè quasi mai. Ascolto parecchia musica, ma più che altro come sottofondo. Anche qui cerco di seguire le novità, curiosando in Internet. E’grazie alla rete che ho conosciuto per esempio Kula Shaker, M.I.A., P.J.Harvey, Barenaked Ladies, Lone Justice, Kanye West, Diana Krall, Cassandra Wilson, le Dixie Chicks insomma un po’di tutto, senza seguire un genere preciso, cercando quelli che per me sono bravi e fanno belle cose.

Quali sono i tuoi progetti futuri? Puoi anticiparci qualcosa?
Gianfranco Manfredi: In questo momento non voglio proprio averne, di progetti. Devo solo preoccuparmi di portare a temine i lavori in corso, che sono davvero parecchi e tutti impegnativi. Poi, dall’anno prossimo, spero di potermi concedere di lavorare un po’ meno e di leggere e viaggiare di più.

Gianfranco Manfredi, a nome del blog portoghese di Tex ti ringraziamo moltissimo per l’intervista che ci hai così gentilmente concesso.

(Cliccare sulle foto per vederle a grandezza naturale)

7 Comentários

  1. Come sempre…… fenomenale Zeca!
    Ho letto tutta l’intervista: molto interessante. Quanto sopra riportato dovrebbe essere fatto leggere due volte a quegli autori ancora “novellini” in Tex! Ed anche a qualche “alta sfera”, ultimamente, un po’ smemorata…

  2. Bellissima intervista!

    Cerco di lavorare tenendo sempre presente che anche l’ideale più puro contiene delle contraddizioni. In un capolavoro come Sentieri Selvaggi, John Ford e John Wayne, le contraddizioni non ce le risparmiano!

    Frasi come questa rafforzano la mia convinzione che quello di Manfredi sarà un grandissimo Tex!

  3. Intervista intelligente e ben condotta, in cui Manfredi dimostra tutto il proprio acume. Ci credo che poi scrive così bene!

  4. Rileggendo l’intervista, mi sono reso conto che è passato parecchio tempo da quando l’ho rilasciata, infatti Volto Nascosto non era ancora uscito e neanche la storia di Tex che ho scritto per Civitelli. La cosa più strana sono le due domande (e le mie risposte) sulla possibile conclusione di MV e quella sullo Speciale di MV. Alla prima domanda rispondo praticamente che la serie non prevede e non avrà un finale, nella seconda che lo Speciale non so quando verrà pubblicato. Nel frattempo, come si sa, sono avvenute molte cose. Ho deciso in sintonia con l’editore di concludere la serie MV che infatti terminerà a fine 2010, cioè quest’anno. Ho spiegato già parecchie volte i motivi di questa scelta: voglia da parte mia di avere più tempo a disposizione per nuovi progetti (come accenno nell’intervista), mancanza di disegnatori giovani e adatti al western (ne abbiamo passati molti a Tex, negli ultimi due anni, ed era sempre più difficile trovare dei sostituti), e infine, pensandoci e ripensandoci, mi è sembrato giusto che la serie, che nel tempo si è sviluppata come una saga, avesse un finale compiuto. Così i lettori potranno rileggersela come un unico, lunghissimo romanzo, dal principio alla fine. Una fine ci deve essere, soprattutto in serie molto fitte di personaggi e di plot, altrimenti alla lunga si complicano troppo, oppure rischiano di raccontare cose già raccontate diventando abitudinarie e, in una parola, stanche. Non volevo che questo accadesse a MV. Il finale che ho escogitato è abbastanza aperto, cioè, posso assicurare ai lettori che Ned e Poe non muoiono, alla fine della storia, però questo finale porta a conclusione molte sotto-storie che si sono intrecciate nella serie: quella di Hogan, quella degli Antichi, e spiega il senso della missione di Ned, che era rimasto in tutti questi anni, un po’ misterioso.

    Subito dopo la conclusione, uscirà lo Speciale (a novembre 2010) che è davvero speciale perchè traccia una specie di bilancio della serie: in un’unica cornice narrativa, dove Poe racconta le storie in prima persona, ci sarà un episodio inedito del grande e compianto Marcello che risale addirittura al primo anno della serie e che non avevamo potuto pubblicare per un problema di programmazione, un episodio disegnato da Pezzi in cui si racconta la prima inchiesta giornalistica di Poe, e infine un episodio disegnato da Biglia che racconta cosa è accaduto a Ned DOPO la conclusione della sua ultima avventura, cioè un secondo finale.

    A proposito di nuovi progetti, sto scrivendo una nuova serie (sequel di Volto Nascosto) con le avventure di Ugo (protagonista di VN) in Cina durante la rivolta dei Boxer. Si chiama “Shanghai Devil” e dovrebbe uscire nel 2011. Sto anche finendo di scrivere una storia per Tex disegnata da Ticci e dunque il sogno di cui parlavo nell’intervista (scrivere una storia per Ticci) si sta realizzando. E’ una storia molto intensa, in due episodi, ambientata nel sud del Texas, vicino alla frontiera messicana, nella quale Tex si trova insieme a Carson a combattere ben tre “cattivi” contemporaneamente: un ex-ufficiale dell’esercito americano che ha compiuto delle rapine con una squadra di soldati disertori, un desperado messicano completamente pazzo che dovunque passa con la sua banda fa terra bruciata, e infine il fondatore di una città rifugio per criminali che sfrutta i fuorilegge in fuga verso il Messico attraverso il deserto, offrendo loro acqua e rifornimenti in cambio di una percentuale sui loro bottini. E’ insomma un ritorno al Tex eroico che si batte “solo contro tutti”, anche se solo non è perchè ha al suo fianco l’amico Carson.

    Gianfranco Manfredi

  5. Molto interessante… sono contento che la serie non finisca con la morte di Ned… non so perchè ma temevo un finale con la sua dipartita.

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