Intervista esclusiva:MICHELE BENEVENTO

Intervista esclusiva: MICHELE BENEVENTO

Intervista condotta da José Carlos Francisco, con la collaborazione di Giampiero Belardinelli per la formulazione delle domande, di Júlio Schneider (traduttore di Tex per il Brasile) e di Gianni Petino per le traduzioni e le revisioni e di Bira Dantas per la caricatura.

Ciao carissimo Michele Benevento, e benvenuto sul blog portoghese di Tex! A quale età hai iniziato a cimentarti con il disegno?
Michele Benevento: Ho iniziato a pensare che il disegno fosse una vera passione intorno ai 14 anni. Ho sempre disegnato e soprattutto copiato moltissimo anche prima, ma la folgorazione credo sia avvenuta quando ho scoperto Dylan Dog con il n. 78. Solo pochi mesi dopo uscirà Johnny Freak (n. 81) e non so quante volte ho copiato e ricopiato le mani disegnate in quell’albo. L’autore dei disegni neanche lo nomino visto che è una vostra vecchia conoscenza, o sbaglio?

Nella tua attività di disegnatore, quali consideri, se vi sono, come tuoi maestri? Hai disegnatori che stimi particolarmente? In caso positivo, quali e perché?
Michele Benevento: E’ giunto il momento di fare quel nome, allora: Andrea Venturi è uno dei disegnatori che considero “responsabile” del mio amore per il fumetto. Accanto a lui non posso non affiancare quello che è stato per me il Maestro, quello che mi ha insegnato come questo mestiere va fatto: mi riferisco a Giuseppe Palumbo, grazie al quale ho mosso i primi incerti passi in questo matto mondo di nuvole e nuvolette. Naturalmente nel mio DNA di fumettista convive una pletora di autori e disegnatori e, come sempre in questi casi, le liste risultano incomplete e sommarie. Mi ci avventuro ugualmente, anche perché non posso esimermi dal citare Mostri Sacri come Buscema e Neal Adams, Alberto Breccia e Mandrafina, Micheluzzi, Stano, Villa e Castellini, Steranko e Kirby, Toppi e Ugolini, volendo limitarmi a quelli che in qualche modo hanno contribuito alla mia formazione. Solo più tardi giungeranno Toth, Caniff, Robbins, Raymond, Jordan etc. etc.

Ti sei laureato in Storia e Critica del Cinema: hai pensato, dopo questo tuo percorso universitario, di lavorare nel mondo cinematografico?
Michele Benevento: Ci ho pensato, e mi sarebbe piaciuto (e mi piacerebbe ancora) cimentarmi come storyboard artist o concept artist. La vita ha voluto altrimenti, ma mai dire mai.

Come sei entrato in contatto con Giuseppe Palumbo?
Michele Benevento: Ho conosciuto Giuseppe Palumbo in occasione di una Lucca Comics nel lontanissimo 1997. Appresi in quell’occasione che lo avrei avuto come insegnante al corso di Fumetto della Scuola Internazionale di Comics di Firenze dove mi ero appena iscritto. Il resto, come si dice, è storia.

Immaginiamo che la frequentazione con Palumbo sia stata importante per la tua carriera, no?
Michele Benevento: Come ho già anticipato, è stata fondamentale. Ho imparato moltissimo da lui sia a scuola sia grazie alla collaborazione con lo Studio Inventario. Vederlo lavorare, fare esperienza e seguire i suoi consigli e ricevere le sacrosante bastonate mi ha permesso di “farmi le ossa”. Ancora oggi rimane fonte di ispirazione per il suo approccio vivo e libero al fumetto, per il suo acume espressivo e narrativo e per la voglia di divertirsi e farci divertire.

Hai poi collaborato con vari editori, italiani e francesi, acquisendo disparate esperienze: puoi riassumere quali sono state quelle più importanti per la tua crescita professionale?
Michele Benevento: Sembrerà banale, ma per me sono tutti pezzi dello stesso puzzle, senza un’esperienza non ci sarebbe stata quella successiva. Per sapere quali sono basta scorrere la biografia sul sito Bonelli (www.sergiobonelli.it/sezioni/3229/creatori), ma di certo non posso negare che la possibilità di lavorare alla creazione di Lukas sia stata e sarà cruciale nel mio percorso. Qualunque cosa avvenga nei prossimi anni.

Dal 2012 collabori come docente con la Scuola Internazionale di Reggio Emilia: quanto tempo hai dedicato a quest’attività?
Michele Benevento: Dopo una prima e forse prematura esperienza presso la sede di Firenze, da pochi anni ho cominciato a lavorare presso la sede di Reggio Emilia. Mi assorbe molto e per ben sei mesi l’anno. E’ divertente e stimolante, o meglio, i ragazzi lo sono. I ragazzi sono la parte migliore.

Nel 2009 sei entrato in contatto con la Sergio Bonelli Editore: puoi raccontarci in quali circostanze?
Michele Benevento: E’ stato un lungo corteggiamento. Circa tre anni prima ho spedito delle prove di Dylan Dog a Mauro Marcheselli che fu così gentile da telefonarmi a casa per comunicarmi che purtroppo non c’era spazio ma che mi avrebbero comunque tenuto d’occhio. Mauro consigliò di farmi vivo quando avessi avuto materiale da sottoporgli, così per un po’ ho continuato a disturbarlo, spedendogli o portandogli i lavori che via via realizzavo. Senza che mai si concretizzasse nulla, finché non mi si propose di realizzare delle tavole per una miniserie in lavorazione: “Caravan” di Michele Medda.

Sì, con Michele Medda hai lavorato al progetto Caravan, serie che ha fatto discutere ma dall’indubbio fascino. Cosa ti ha colpito, come lettore e poi come professionista, di questa miniserie?
Michele Benevento: Da lettore Caravan mi ha emozionato molto, soprattutto per la sincerità con cui è scritta. In più, ho amato molto le storie dei singoli personaggi e l’evoluzione di Davide Donati attraverso le vicende e le tragedie vissute durante questo lungo viaggio. Poterne disegnare un episodio per me ha significato molto, come si può facilmente immaginare: la sceneggiatura di Michele era estremamente curata, stratificata, complessa eppure semplice e chiara. Mi lasciava spazio quando poteva, mi costringeva quando serviva. Prima di cominciare a disegnare mi ero fatto l’idea che avessi dovuto procurarmi la colonna sonora che mi avrebbe accompagnato durante questo “viaggio”: avevo recuperato gli album dei Violent Femmes (“Nove per un dio perduto” cita letteralmente una loro canzone), Dylan e Springsteen, Dolly Parton, Pogues e altri.

Prima di soffermarci su Lukas, due parole sul tuo incontro con Dampyr.
Michele Benevento: E’ stata, come già altre volte ho detto, un’esperienza bella, difficile, faticosa e gratificante. Quando Mauro Boselli mi propose la storia ero appena tornato dal Sud Africa, ma lui non poteva saperlo! Era un segno. La dettagliatissima sceneggiatura di Claudio Falco sembrava scritta apposta per me. Il Sudafrica dell’apartheid pre-Mandela, il Distretto 6, le township, e poi qualche vampiro qua e là. Che volere di più?

Lukas ti vede in veste di coautore insieme a Medda: com’è nata l’idea di questo progetto?
Michele Benevento: L’idea iniziale è di Michele Medda, che mi ha coinvolto solo a progetto approvato. Marcheselli (è il capo, gli tocca) mi chiamò a casa per dirmi che Medda voleva parlarmi. Ho pensato stessero per licenziarmi, quindi per fortuna ero già seduto quando appresi la notizia dell’arduo compito che mi attendeva. Da quanto ho appreso in seguito, il primo passo verso Lukas è stata l’immagine di un uomo che esce dalla tomba e che non ricorda chi sia né dove si trovi, e che ha la sola mano sinistra guantata.

Pensi che il personaggio possa dare una lettura, seppure filtrata dalla ricostruzione narrativa, delle inquietudini della realtà delle nuove generazioni o delle persone di oggi più in generale?
Michele Benevento: Penso che Lukas assolva appieno questa finalità, ma vorrei precisare che Lukas è una fiaba. Una fiaba, a tinte horror/fantasy, e pur sempre una fiaba con tutte le caratteristiche della fiaba, pur con qualche piccolo detournement che Medda ha giustamente concesso a se stesso e al lettore moderno e scafato.

Passiamo adesso al Ranger che dà nome a questo blog: vuoi raccontarci com’è avvenuto il tuo arruolamento nello staff dei disegnatori di Tex?
Michele Benevento: Un po’ per caso, un po’ per fortuna, credo. Medda era stato arruolato per il Color Tex – Storie Brevi e mi chiese se mi sarebbe piaciuto disegnare la sua storia. Io avrei fatto carte false, ma potevo solo sperare nell’ok dei capi. Devono aver detto che andava bene perché mi sono trovato a fronteggiare quelle fatidiche 32 tavole.

Come ti senti a misurarti con il Ranger?
Michele Benevento: Senti i polsi, le gambe e il cappello tremare. Non sono il primo a dirlo, e Boselli ci ha tenuto a sottolinearlo nel consegnarmi la sceneggiatura: Tex è un’icona e come tale va trattato e affrontato. Non è che poi se ne torna a casa sereno sereno.

Nel disegnare Tex che tipo di difficoltà hai incontrato, se ne hai incontrate?
Michele Benevento: Beh, la caratterizzazione di Tex è sicuramente la parte più delicata, e per ora non credo di aver centrato in pieno la sua fisionomia. Forse i risultati migliori li ho ottenuti negli studi; nelle tavole ho sprecato un paio di occasioni per disegnare un bel Tex come ce l’avevo in testa. E’ stato buffo essere rimproverato per aver disegnato il cinturone di Tex troppo in basso, calato tutto sul fondoschiena, o per averlo reso ingobbito o poco più basso di Kit. Tex è l’eroe. Ho compreso gli errori, aggiustato il tiro e spero di aver reso giustizia al Ranger.

Hai dovuto modificare il tuo solito stile, oppure no?
Michele Benevento: Il cambiamento, autoimposto, è stato essenzialmente tecnico, ma questo ha per forza di cose portato dei mutamenti anche nello stile (almeno a mio modo di vedere). Avevo deciso che per disegnare al meglio le atmosfere western avrei dovuto eseguire il ripasso completamente a pennello. Di solito per Lukas, Dampyr e Caravan la sequenza prevede un’inchiostrazione a pennarello per le parti architettoniche o per gli elementi di “design” (pistole, armi, auto etc.) e un’inchiostrazione a pennello per le figure e per gli elementi naturali (rocce, alberi, nuvole). In quest’occasione ho cambiato le carte in tavola ma è stata la proverbiale zappa sui piedi, perché i tempi di lavorazione si sono drammaticamente allungati. Confesso, però, una certa soddisfazione nell’aver provato questa nuova “via”.


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Come definisci graficamente il “tuo” Tex?
Michele Benevento: Quando ho mostrato i primi studi a Claudio Villa (ebbene sì, sono andato a rompere le scatole proprio a Lui), il Sommo disse che il mio Tex gli ricordava in qualche modo quello di Giolitti. Quindi incasso, porto a casa il complimento e lo riciclo come risposta. “Giolittiano”!
PS: senza il volume dedicato a Villa da BD nella collana ICON sarei stato perduto.


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Hai preso dei modelli di riferimento particolari?
Michele Benevento: Sono partito dal Principio: ho studiato il volto di Gary Cooper cui si era ispirato all’inizio anche Galep, ma non ho cavato un ragno dal buco. Ho capito che dovevo invece “servirmi” della lezione dei maestri di oggi: quindi Ticci, Villa e Venturi. Questo non per sminuire il lavoro di disegnatori che stimo profondamente come Sejas, Font, Andreucci, i Cestaro o Mastantuono, ma perché questa è la mia personale Santissima Trinità, sono i tre autori che ritengo “utili” al mio modo di disegnare, che contengono nel loro modo quelle soluzioni che vorrei fossero mie. Partendo da loro ho poi cercato una mia via. Magari sbagliata, ma mia.

Cosa ci puoi dire della storia di Tex alla quale stai lavorando?
Michele Benevento: Credo niente, se non che Medda ci ha messo di tutto. Mi è mancato di disegnare solo un assalto da parte di qualche tribù ribelle di indiani, per il resto non manca niente.

Negli ultimi tempi diversi disegnatori hanno fatto solo una veloce comparsata su Tex e poi sono tornati a lavorare su altri personaggi. Quello su Tex è per te un impegno duraturo, almeno nelle tue intenzioni?
Michele Benevento: Posso non rispondere per scaramanzia? Mi manca ancora un numero di Lukas da completare e vorrei rimanere concentrato su questo. Nessuno mi impedisce di sognare, però. Tex è il simbolo della casa editrice, ma io (come centinaia di migliaia di miei coetanei) con Tex ci sono cresciuto: disegnarne le storie sarebbe per me motivo di profondo orgoglio.

Chi o cosa è Tex secondo te? Cosa ti piace di più nel Ranger e cosa di meno?
Michele Benevento: Come detto prima, Tex è un’icona. Nella mia testa Tex è Superman, come Zagor è Tarzan. Mi piace disegnare i cavalli, anche se le occasioni per farlo sono sempre rare, e le pistole; odio i cappelli. Con tutta l’anima, ma solo perché non so disegnarli.

Per concludere il tema, come vedi il futuro del Ranger?
Michele Benevento: Credo che sia più che roseo, mi sembra che ci sia un bel fermento e che forze nuove siano state chiamate a rinverdire i pascoli del Ranger. A partire da Andreucci. Grandissimo.

Com’è lavorare nella Sergio Bonelli Editore?
Michele Benevento: Ci lavoro. Ma non è solo lavoro.

C’è un’altra testata bonelliana per la quale non hai mai lavorato e che ti piacerebbe tantissimo disegnare? In caso positivo, puoi dirci quale sarebbe e perché?
Michele Benevento: Dylan Dog. Perché sono uno di quelli che ha cominciato ad amare visceralmente i Fumetti leggendo il Dylan di Sclavi. Perché copiavo le vignette di Venturi, Stano e Dall’Agnol. Perché adoravo le cover di Villa. E andavo a letto con un occhio aperto e l’altro pure dopo aver letto le inquietantissime storie disegnate da Montanari & Grassani.

Cosa è per te il fumetto? Sia come linguaggio che come esperienza professionale.
Michele Benevento: Credo sia una forma mentis, un’esigenza intima e profonda (mia moglie direbbe una condanna). Vi tocca sopportarmi finché non mi fermano.

Ritieni che tra il fumetto cosiddetto d’autore e quello definito popolare si trovino ancora delle differenze di qualità?
Michele Benevento: No. Sergio Bonelli l’ha ampiamente dimostrato, e credo sia sufficiente farsi un giro nei corridoi della redazione per rendersene conto.

Quanto tempo impieghi per disegnare una tavola? Hai degli orari? Come si articola una tua giornata tipo fra lavoro, letture, tenerti informato, ozio, vita familiare?
Michele Benevento: Sono piuttosto lento, ma ultimamente cerco di tenere una media di una tavola ogni due giorni. Non ho orari, se non quelli dettati dalle necessità lavorative e/o familiari. La mattina vengo sradicato dal letto dal mio bimbo, colazione, asilo (lui) e poi via al tavolo (io) dopo una buona toelettatura. Testa bassa (quando ci si riesce) fino all’ora di pranzo, pausa, caffè, una sortita nell’internet e di nuovo al tavolo fino alle 18. Preparo la cena per tutta la famiglia, parlo con la moglie, gioco con il pupo, nanna (lui) e si ricomincia (io) fino alle 2 di notte (quando ci si riesce o non ci si concede un po’ di mondanità – e qui tutti i miei colleghi sanno che sto mentendo).

Puoi esporci la tua tecnica di lavoro?
Michele Benevento: Dopo aver letto la sceneggiatura un paio di volte e aver annotato tutto quello che necessita di una ricerca iconografica passo al casting. Studio i personaggi e il loro abbigliamento e solo allora mi dedico allo storyboard delle tavole. Sono schizzi molto piccoli e indecifrabili che mi servono però a “girare” le sequenze e predisporre la composizione delle tavole. Passo quindi alle matite (in scala 1:1 rispetto alla stampa) per poi eseguire un clean-up su un formato più grande. A quel punto procedo con l’inchiostrazione che, come vi dicevo, avviene perlopiù a pennello (un Winsor & Newton serie 7 n.3).

Quali sono i tuoi progetti immediati? Puoi già anticiparci qualcosa?
Michele Benevento: Voi ho già detto tutto. Tranne una cosa di cui non posso ancora parlare… naturalmente made in Buonarroti.

Quali fumetti leggi attualmente, ovvero con quali ti identifichi maggiormente?
Michele Benevento: Ultimi fumetti letti: una storia di Conan disegnata da Zaffino regalatami dal mio amico e collega Andrea Borgioli, Last Man di Bastien Vivès, Rache Rising di Terry Moore, Devilman di Go Nagai e Nonnomba di Shizeru Mizuki.

Oltre ai fumetti, quale tipo di libri leggi? E quali sono le tue preferenze nel campo del cinema e della musica?
Michele Benevento: Sono un lettore pigro. Amo i racconti di Carver, perché so che posso iniziarne uno e terminarlo in breve tempo. Così come amo i romanzi d’avventura di Dumas. Adoro Verne e Conan Doyle. E i Gialli. E i libri “strani” come “Mattatoio n.5” di Vonnegut. Riguardo al cinema, non so proprio rispondere, troppi nomi. Ma sono affezionato alla Nouvelle Vague, e a Hitchcock e Bergman. Mi è più facile rispondere sulla musica, forse perché sono più selettivo: Beatles, The Who, Rolling Stones, Zappa non devono mancare mai. Mmhh… meglio se mi fermo.

Bene, noi avremmo finito. C’è ancora qualcosa che vorresti dire? Qualcosa che non ti è stato chiesto e che avresti assolutamente voluto far sapere ai nostri lettori?
Michele Benevento: Credo che mi abbiate spremuto come un limone (ehehehe).

Caro Michele, a nome del blog portoghese di Tex ti ringraziamo moltissimo per l’intervista che ci hai così gentilmente concesso.
Michele Benevento: Grazie a voi di cuore per l’attenzione e la pazienza, visti i tempi biblici con cui ho risposto.

(Cliccare sulle immagini per vederle a grandezza naturale)

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