Tex “Faccia di Cuoio”: Interviste esclusive con gli autori Mauro BOSELLI e Marco TORRICELLI

Interviste condotte da José Carlos Francisco, con la collaborazione di Giampiero Belardinelli e Roberto Pagani per la formulazione delle domande , di Bira Dantas per la caricatura e di Júlio Schneider (traduttore di Tex per il Brasile) e Gianni Petino per le traduzioni e le revisioni.

MAURO BOSELLI

Questa vicenda è particolare perché ricorda, per il ritmo e i continui capovolgimenti, certe storie del periodo a striscia. È soltanto un’impressione nostalgica di noi lettori?
Mauro Boselli: Un’impressione, credo, esclusivamente dettata dal carattere nostalgico dei disegni di Torricelli. Non c’è nessuna ricerca intellettualistica. E’ una storia normale, anche troppo.

L’intrigo presenta un doppio colpo di scena, con dei cattivi a diverse gradazioni: Randy, ad esempio, sembra uno sfigato che si mette nei guai perché non sa regolare con freddezza le sue antipatie nei confronti di Dempsey. L’evoluzione di Randy era voluta oppure nel corso della scrittura della storia la sua figura ha preso da sé la sua strada?
Mauro Boselli: Tutto previsto. In una storia breve non si fanno cambiamenti di questa portata. Per la verità, anche se mi lascio mano libera, non arrivo MAI a capovolgere o a cambiare di molto la natura di un personaggio rispetto alle intenzioni originarie.

Faccia di cuoio” contiene numerosi temi cari a G. L. Bonelli: gli oscuri racconti attorno al bivacco, i signorotti che spadroneggiano in paese, le pause in hotel di Tex e i pards, il bianco che viene considerato “uomo sacro” dai pellerossa, i delitti misteriosi sui quali Tex indaga… Vengono in mente storie degli anni ’50 e ’60 come “La morte aspetta nel buio”, “Old Pawnee Bill” o “La valle della paura”. Con questa storia hai voluto forse ammiccare ai lettori di vecchia data, omaggiando quel periodo della storia di Tex che diede il là al grandissimo successo del personaggio?
Mauro Boselli: Torniamo alla prima domanda: vi siete fatti influenzare dall’aspetto rètro dei disegni di Torricelli. Se volessi davvero omaggiare quel periodo, scriverei ben altra storia! Quegli elementi sono semplicemente parte della serie.

A parte rare eccezioni, agli occhi dei lettori le storie di Tex contenute in un solo albo, essendo per forza di cose più semplici e lineari, risultano meno avvincenti rispetto ad altre che si dipanano per più mesi. Poiché il tuo stile implica l’utilizzo di svariati personaggi e la costruzione di trame assai articolate, in fase di sceneggiatura risenti, anche inconsciamente, del numero limitato di pagine che hai a disposizione in questi casi particolari? Quando sviluppi un soggetto sai già con sicurezza se si tratterà di una storia lunga o breve?
Mauro Boselli: So sempre prima qual è la destinazione, ovvio. Ma non sono d’accordo che le storie brevi debbano essere per forza più semplici. Questa lo è abbastanza.

Limitandoci alle storie che hai firmato negli ultimi mesi, si nota che sei passato con disinvoltura dalla trama gialla di “Faccia di cuoio” al western puro dell’Almanacco, da avventure in cui la Storia la fa da padrona (“La mano del morto” e “I ribelli di Cuba”) ad altre caratterizzate da spunti decisamente avventurosi in cui la fantasia galoppa a briglie sciolte, come ad esempio il numero 600. Traspare sempre più la tua volontà di differenziare volta per volta gli episodi di Tex: sei tu stesso che senti il bisogno di variare sempre il plot per non annoiare i lettori oppure devi seguire anche precise richieste della redazione? Rispetto ai tempi dei classici di G. L. Bonelli, gli episodi a sfondo fantastico sono quasi spariti.
Mauro Boselli: Dovrebbe essere NORMALE per un autore cercare di variare la ricetta, no? Io, per primo, non mi divertirei a riproporre sempre il medesimo brodino. Sugli episodi fantastici… beh, i tempi sono cambiati, ma a me piacciono moltissimo. E prima o poi ne leggerete qualcuno.

MARCO TORRICELLI

Per moltissimi lettori di Tex il tuo albo “Faccia di cuoio” è stato un vero e proprio tuffo nel passato. Nessuno tra le decine di disegnatori avvicendatisi sulle pagine della collana si era ispirato in modo così palese al creatore grafico del personaggio, quell’Aurelio Galleppini ormai entrato nella leggenda del fumetto popolare italiano. Puoi spiegarci i motivi della tua scelta? E’ stato un sentito omaggio all’arte di Galep o hai avvertito il “bisogno” di far tornare i lettori alle origini della serie?
Marco Torricelli: Tex si può realizzare in vari modi, l’importante è che ispiri autorità, carisma, forza, intelligenza e saggezza. Le qualità dell’eroe, insomma, ma con qualcosa in più, tipico dei personaggi bonelliani, l’umanità. Il volto di Tex che maggiormente esprime questi concetti secondo me è quello disegnato da Galleppini. Forse nella mia scelta ha contribuito anche il ricordo affettivo per il grande artista che, nelle poche volte in cui ci siamo incontrati nel suo studio, vedevo, come diceva lui, “fasciare” le figure con il pennello. Così pure il volto di Tex, la cui mandibola non risultava da una linea dritta fino al mento, per continuare sull’altro lato fino alla fronte, ma risultava dall’ombra tratteggiata sapientemente sotto il mento, affinché il volto assumesse consistenza e rotondità. “E’ carne, non legno”, mi diceva. Questo il concetto del suo realismo. Ho cercato di mantenere fede a quanto ho potuto da lui apprendere, e che sempre ho trovato giusto. Quindi, per me, anche se potrei inventare altri volti possibili, Tex è quello di Galep.

Quando è maturata l’idea di realizzare questo omaggio al Tex di Galep? E prima di iniziare a illustrare la sceneggiatura di Boselli, ne hai discusso con lui oppure no?
Marco Torricelli: Se di omaggio si può parlare, riguarderebbe anche Giovanni Luigi Bonelli, data la collaborazione di Mauro Boselli con lui, ma non pensavamo a quello. Semplicemente avevo chiesto una storia breve per abituarmi al personaggio, e forse Boselli ha un po’ faticato a immaginare un soggetto adeguato alle 110 pagine; ma da par suo lo ha trovato.

Quali credi siano le difficoltà per un disegnatore doversi confrontare con la lezione di Galleppini: la faccia di Tex o forse la consuetudine di rifarsi al modello di Ticci?
Marco Torricelli: Penso che i disegnatori bonelliani in genere non abbiano grosse difficoltà. Tex però è un’icona del fumetto e ogni disegnatore nel realizzarlo cerca la propria strada. Sono certo che in futuro vedremo altri e interessanti volti del ranger, poiché i nuovi talenti della casa stanno crescendo e porteranno idee fresche.

Quali sono stati i commenti della redazione nel momento in cui ricevettero le tue prime tavole?
Marco Torricelli: Più che la redazione mi telefonò Sergio Bonelli, apprezzandole e incoraggiandomi.

In passato avevi già illustrato alcune sceneggiature di Boselli pubblicate sulle serie di Zagor e Dampyr, storie fantasy o horror che la critica generalmente annovera tra i tuoi lavori migliori. “Faccia di cuoio” è invece un albo prettamente western, sia pur con sfumature gialle, in cui ritroviamo pascoli, “stampede”, cowboys, cittadine, ecc. Ti sei trovato a tuo agio con queste atmosfere? Come mai sei tornato a disegnare Zagor, nonostante la buona riuscita della tua prima prova texiana?
Marco Torricelli:
Ero contento che la storia avesse un taglio classico, con longhorn e cowboys. Fotografie d’epoca, “Red river”, il film con John Wayne, Montgomery Clift e Walter Brennan, e i quadri di Frederic Remington, mi hanno accompagnato con le avventurose atmosfere sotto i cieli tempestosi della prateria. Mi sembrava di tornare ai bei film “di una volta”; li ho visti tutti con mio padre, che era un appassionato del western. A Zagor sono tornato per lo “Zagorone”.

Appunto, e’ ormai imminente la pubblicazione del tuo “Zagorone”, che rappresenta il coronamento della tua ormai venticinquennale carriera nella Sergio Bonelli Editore, con una storia intitolata “Il castello nel cielo” in cui lo sceneggiatore Moreno Burattini pare abbia assecondato la tua vena fantasy. Un evento che i tanti appassionati zagoriani attendono con impazienza. Ma quali saranno i tuoi impegni per il futuro prossimo? Si può ipotizzare anche un tuo ritorno a Tex o l’approdo ad altre serie?
Marco Torricelli:
Ritengo Moreno Burattini un genio, capace di scrivere qualsiasi cosa e in modo perfetto. Nell’avventura celebrativa dei cinquant’anni del personaggio di Nolitta e Ferri, tavola dopo tavola ha raccontato il lavoro degli scrittori d’avventura, descrivendone difficoltà, introspezione, solitudine e ricerca, con un finale degno appunto di un grande scrittore. Ho già iniziato una nuova storia di Zagor con lui.

Il tuo segno è più improntato a uno stile più europeo rispetto a quello che viene dalla scuola pittorica rinascimentale italiana di Galep; eppure, in Faccia di Cuoio, la tua impronta galleppiniana sembra ti sia sempre appartenuta. Sappiamo che hai conosciuto Galleppini: puoi raccontarci qualche aneddoto?
Marco Torricelli:
Per una storia da “Old West” ho pensato a uno stile quasi da illustratore, facendo attenzione a non diventare iconografico. Non avevo deciso di fare il “verso” a Galleppini, e lo stile che ho condotto, se anche in parte reca la sua impronta, non è stato da me progettato. A questo punto bisognerebbe entrare nella storia del fumetto e persino di tutta l’Arte e di tutte le arti in generale, ottenendo una lunghissima nomenclatura di artisti collegati tra loro per temi e tecniche, ma è un lavoro da critici. Dirò solo che lo stile di Galep, difficilissimo da imitare, mutuato, fra le altre esperienze, da quella fatta disegnando il Mandrake di Phil Davis, e dallo stile barocco di Raymond – a sua volta maturato su Tim Tyler’s luck (Cino e Franco) di Lyman Young -, nasce da tratteggi, linee spezzate, nervose, e macchie di nero, dove ogni elemento cambia di continuo: un cavallo, uno sfondo, un cappello, non sono mai gli stessi. Questo è anche dovuto alla tecnica da lui usata nell’inchiostrazione di matite evanescenti – che talvolta cancellava un poco – tali da permettergli un’assoluta, cercata e trovata immediatezza. In questo stava la maestria: sapere dove e come mettere il pennello, rifiutando il calligrafismo. Facendo io invece una matita precisa, uso una linea quasi continua, sfumata e pulita che, nel caso di “Faccia di cuoio”, sviluppa la lezione galleppiniana solo in alcune caratteristiche. Ogni storia poi ha un suo carattere, luci e ombre proprie. Quindi l’unico accostamento a Galep, a mio parere, è rilevabile nell’aver cercato di riprodurre la fisionomia del suo Tex, che è probabilmente la più amata dai lettori. A Recco, cittadina ligure, durante una mostra di Tex, Galleppini salutava gli ospiti, sorridente e sereno. Giunse l’alta e signorile figura di Antonio Canale (disegnatore di Amok), impermeabile e coppola in mano, un poco più giovane di Galleppini. I due maestri si salutarono felici, da tempo non si vedevano e iniziò fra loro un simpaticissimo dialogo, con battute e risate. Canale ridacchiando disse: “Eh, vorrei avere i tuoi soldi!”, e Galep, di rimando: “E io i tuoi anni!”. Li vedo ancora.

(Cliccare sulle immagini per vederle a grandezza naturale)

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