Intervista esclusiva: GIAMPIERO BELARDINELLI

Intervista condotta da José Carlos Francisco, con la collaborazione di Júlio Schneider (traduttore di Tex per il Brasile) per le traduzioni e le revisioni e di Bira Dantas per le caricature.

Per iniziare parlaci un po’ di te: luogo e data di nascita, famiglia, cosa fai da un punto di vista professionale?
Giampiero Belardinelli:
Sono nato a Civitanova Marche (MC) il quattro dicembre del 1960. Dal 1969 risiedo a Porto Sant’Elpidio, in provincia di Fermo. Mio padre, morto nel 1992, faceva l’imbianchino e mia madre è una casalinga, da diversi anni in pensione. E sono il primogenito di una famiglia composta da cinque fratelli e una sorella. Dal 2008 convivo con Anna, e ho condiviso la mia passione per i fumetti con il suo figlio Diego, di undici anni: oltre a Diabolik, legge Tex, Zagor e gli altri fumetti della Bonelli con felicità. Vorrei soffermarmi sulla parola felicità: la predisposizione nel leggere un fumetto o un libro, come vedere un film o un serial televisivo, dovrebbe essere gioiosa, mentre, in età adulta, molte persone lo dimenticano e si accostano a un’opera narrativa con una propensione quasi drammatica. Questo importante cambiamento della nostra vita, tornando alla mia presentazione, ci ha spinti ad acquistare un locale, sotto all’abitazione, dove collocherò, una volta arredato, i miei fumetti e i miei libri, per ora rimasti nella libreria della casa in cui abita mia madre. A livello professionale, mi occupo di organizzazione in una piccola impresa calzaturiera e, da alcuni mesi, collaboro con Anna nella sua attività indipendente per un’importante azienda di Nutrizione e Benessere internazionale. In ultimo ma non per ultimo, dal 1995, con attenzione agli insegnamenti ricevuti, ho intrapreso un’attività di critico e saggista sul fumetto bonelliano, collaborando a diverse pubblicazioni. Di recente anche su Internet: dal 2004, ho scritto recensioni di Zagor per il portale di www.spiritoconlascure.it e da un paio di anni, insiemi agli altri collaboratori di questo blog, realizzo le interviste agli autori Tex ma anche di altre testate bonelliane.

Quando è iniziata la tua passione per i fumetti, soprattutto per Tex?
Giampiero Belardinelli: I fumetti sono stati sempre nella mia vita. In un paesino dell’Appennino marchigiano, Castello di Fiuminata (in provincia di Macerata), luogo di origine di mia madre, è vissuto un mio caro zio, morto nel 1996, lettore appassionato di Tex. La mia mente torna agli anni Sessanta e a quelle vignette in cui uno smilzo personaggio si faceva largo a suon di pugni e sparatorie. Come avrei scoperto in seguito, erano i primissimi albi giganti di Tex: titoli come Fuorilegge, Due contro cento, La montagna misteriosa, Il segno indiano, Assedio al posto N° 6 ecc. Da bambino trovavo difficoltà a seguire le trame, ricche di dialoghi, delle storie di Tex, per cui solo da adolescente iniziai ad apprezzare le fantasiose trame ideate da Gianluigi Bonelli. Nel frattempo, però, avevo iniziato ad appassionarmi a Zagor, personaggio ideato, com’è ormai noto, da Sergio Bonelli con lo pseudonimo di Guido Nolitta. Quando ho iniziato a seguire Tex, la serie aveva superato il numero cento ed era entrata nel periodo della maturità. Gli inferni danteschi rappresentati da Aurelio Galleppini nelle storie con Mefisto mi avevano come preso alla gola, tanta era la potenza evocativa. Le immagini di Letteri, invece, mi avevano suggerito l’idea di un mondo senta tempo, dove la morte e la vita erano come un unico flusso temporale. Ricordo gli affreschi nelle piccole chiese di montagna in cui andavo da ragazzino: ebbene, quelle raffigurazioni sacre mi facevano pensare a certe storie visualizzate da Guglielmo Letteri. E il ricordo mi riporta, continuando l’analisi, ai maestosi paesaggi del Grande Nord tratteggiati da Giovanni Ticci. Questi grandi disegnatori, tra gli altri, guidati dalle sceneggiature di Gianluigi Bonelli hanno contribuito a far nascere in me il mito di Tex.

Perché proprio Tex e non un altro personaggio?
Giampiero Belardinelli: Devo far presente che, nel 1984, per ragioni lunghe da spiegare, avevo smesso di leggere i fumetti e purtroppo avevo abbandonato qualsiasi altro tipo di lettura. Zagor, Mister No, Tex sono stati da me lasciati al loro destino e mai avrei pensato di ritornare a leggerli di nuovo. Nel 1989, richiamato dall’antico fascino, ho ripreso la lettura dei tre personaggi, trovando una situazione del tutto diversa: uno Zagor poco incisivo; un Mister No in splendida forma; un Tex avvincente grazie alle sceneggiature bonelliane di Claudio Nizzi. Nel 1992 – anno per me fondamentale – sono entrato in contatto con il mondo delle riviste di critica: a Firenze, alla mostra Zagor. Un’avventura lunga trent’anni, ho conosciuto Moreno Burattini e un giovanissimo Angelo Palumbo.
Grazie a loro ho acquistato il secondo numero della rivista Dime Press, ideata dallo stesso Burattini con la complicità di Francesco Manetti, Alessandro Monti e Saverio Ceri, sotto l’egida dell’editore Antonio Vianovi (Glamour International Production). Leggendo gli articoli di quel numero della rivista, la mia fantasia venne come incendiata e ho ritrovato per il fumetto gli smarriti entusiasmi giovanili. Ho fatto questa lunga premessa per dire come la passione per Tex si sia sviluppata associando i ricordi adolescenziali con le considerazioni ricche di empatia dei redattori di Dime Press. Di particolare importanza, si è rivelato il sesto numero (1994) della rivista di Antonio Vianovi, aperta con una suggestiva copertina a colori di Fabio Civitelli, dedicata però a Mister No. Nell’ampio Dossier Tex è stato sviscerato ed evidenziato il ricco patrimonio letterario e grafico della saga intitolata ad Aquila della Notte. Quindi, rispondendo nello specifico alla domanda, per tutte le caratteristiche sopra elencate l’eroe bonelliano è tra i pochi personaggi capaci di conquistare anche quei lettori – come chi scrive – non entrati subito in sintonia con il suo mondo narrativo.

Cosa rappresenta Tex per te?
Giampiero Belardinelli: Tex è un personaggio che, in maniera più o meno regolare, ho iniziato a leggere nella seconda metà degli anni Settanta. Negli anni Novanta ho riletto molte delle storie di Tex di Gianluigi Bonelli e, con nuove conoscenze, ho apprezzato fino in fondo la carica innovativa del personaggio. Il Tex di Gianluigi Bonelli è un uomo dal profondo senso di giustizia, e questo sentimento lo ha messo in contrasto non solo con banditi e criminali vari ma anche – secondo il colorito linguaggio bonelliano – con i cosiddetti “farabutti in guanti bianchi“. E questo aspetto lo ritroviamo già nella prima striscia, Il totem misterioso (settembre 1948). Nell’ambito culturale dell’epoca, un personaggio come Tex è un colpo nello stomaco per i benpensanti, timorosi del messaggio trasgressivo delle storie di Gianluigi Bonelli.
Il Tex di questa prima avventura – pur tra qualche ingenuità – evidenzia una carica aggressiva e una vitalità positiva: l’eroe è consapevole di trovarsi in un mondo ingiusto e tenta di raddrizzare i torti senza ricorrere alla delega o alla vaga speranza di un futuro migliore. Tex soprattutto non abbandona mai gli amici nei momenti di difficoltà: questa peculiarità dell’eroe è, a parer mio, una delle chiavi del suo carisma presso i lettori di tutto il mondo. E per di più, come scrive Nazzareno Giorgini (cfr. Il mio Tex, edito dall’Autore presso www.stampalibri.it, Macerata 2006, p. 22), “il nostro eroe lotta contro il male per dare felicità e pace a coloro che soffrono“. La lettura di un’avventura di Tex ha quindi una funzione terapeutica: ricordarci del valore assoluto della propria dignità.

Quanti fumetti di Tex hai in tutto nella tua collezione? E qual è la più importante per te?
Giampiero Belardinelli: Non ho mai contato gli albi di Tex della mia collezione: nelle varie edizioni, ne avrò all’incirca un migliaio o poco più. Devo premettere che non sono un collezionista puro. Nonostante ciò, ammiro molto i collezionisti perché sono delle persone dotate di una pazienza e di un talento rari. E queste persone, tra l’altro, sono delle preziose miniere di informazioni, altrimenti destinate all’oblio. Trovandomi a lavorare, insieme al collega Massimo Capalbo, al Tex Index 1-50 (per conto di Paolo Ferriani editore) sono ricorso all’aiuto di alcuni collezionisti, tra cui l’amico e critico Nazzareno Giorgini, per approfondire il linguaggio originale di Gianluigi Bonelli nelle versioni non censurate.
Questo per dire come il mio interesse sia rivolto soprattutto alla ricostruzione filologica di una serie e molto meno al valore collezionistico di un albo. E questa personale visione sul collezionismo mi permette di dichiarare, senza timore di scandalizzare i puristi, la mia venerazione per Tex Collezione Storica a Colori, collana abbinata al quotidiano La Repubblica ed edita dal Gruppo Editoriale L’Espresso. Come sanno i lettori, non solo italiani, l’edizione del Tex di Repubblica è un meraviglioso riconoscimento al nostro Ranger, valorizzata da un ottimo apparato critico e dalle spettacolari copertine di Claudio Villa. Non so se nel tempo questa edizione possa guadagnarsi un alto valore nel mercato del collezionismo, ma per me il suo valore estetico e culturale è notevolissimo.

Collezioni solo fumetti o anche tutto ciò che viene scritto sul personaggio?
Giampiero Belardinelli: Como ho già dichiarato nelle domande precedenti, mi piace collezionare libri e riviste di critica. La bibliografia texiana è sterminata e quindi è davvero difficile poter disporre di tutto il materiale fin qui pubblicato. Nella mia libreria ho un bel po’ di libri su Tex e i suoi autori. In alcuni casi ho anche collaborato a qualche pubblicazione texiana. Come ho già accennato sopra, stiamo tentando di dare un ulteriore contributo alla saggistica texiana con il Tex Index 1-50. Il volume è in fase di scrittura e, grazie anche alla raffinata grafica di Paolo Ferriani, ne uscirà una pubblicazione di pregio. Inoltre, per redigere alcune rubriche inserite nella terza parte del volume, ci siamo avvalsi della collaborazione di alcuni esperti texiani come Julio Schneider, José Carlos Francisco (Zeca), Nazzareno Giorgini e Carlo Monni.

Qual è la tua storia favorita? E qual è il disegnatore che apprezzi maggiorante? E lo sceneggiatore?
Giampiero Belardinelli: Domanda in apparenza facile ma in realtà molto difficile: dover scegliere un’avventura tra i moltissimi capolavori della saga è impegnativo. Quindi vado d’istinto e ne cito quattro, quelle a cui più sono legato a livello emotivo: Black Baron, Il figlio di Mefisto, Una campana per Lucero, Il fiore della morte. E di conseguenza la mia preferenza va ai due indimenticabili illustratori Aurelio Galleppini e Guglielmo Letteri. Per quanto riguarda lo sceneggiatore preferito, la risposta non sarò io a darla ma idealmente lo stesso Tex: Gianluigi Bonelli è un narratore di prima fila e il suo stile ha fatto scuola anche tra gli autori che lavorano in altre testate. Ed essendo legato allo stile bonelliano ho molto apprezzato l’impegno profuso da Claudio Nizzi – per buona parte della sua produzione – nel contribuire a riportare in auge il modello classico, pur con leggere e opportune modifiche. Ma sono anche capace di apprezzare gli autori capaci di rinnovare il modo di raccontare l’avventura texiana, come Mauro Boselli. La sua scrittura è secondo me la naturale evoluzione di quella bonelliana, grazie all’efficace capacità di far dialogare i personaggi e di non dimenticare mai che Tex è un Eroe e di conseguenza deve compiere imprese degne della sua leggenda. Non a caso, ho collaborato alla stesura di un articolo, ideato da Nazzareno Giorgini, dal titolo Il Tex di Mauro Boselli. Riflessioni e analisi, pubblicato in Dime Press n. 18 (Ed. Glamour International Production, Firenze febbraio 1998, pp. 14-32).

Cosa ti piace di più e cosa di meno in Tex?
Giampiero Belardinelli:
Tex è un personaggio inflessibile contro ogni forma di ingiustizia, senza badare da chi e da dove arriva la minaccia. Il suo sguardo è talmente acuto da saper individuare anche il male più subdolo: quello magari nascosto tra i gruppi di potere economici e politici. Inoltre, il Ranger è un uomo che non bada al colore della pelle quando deve riparare a dei crimini, anche se commessi dai popoli più spesso vittime dell’espansionismo dell’uomo bianco. Non si può non evidenziare come le azioni dell’eroe, se osservate con l’animo sgombro da pregiudizi ideologici, rispondano a un supremo senso di giustizia. In Tex non mi piace quando gli sceneggiatori tentano di umanizzare in maniera quasi antieroistica il personaggio. Mi riferisco in particolare, per fare un esempio conosciuto, a una sequenza inserita nell’avventura nolittiana Il segno di Cruzado (Tex 242-245), dove un pellerossa in fin di vita chiede al Nostro di mettere fine alla sua agonia. È una sequenza di intensa drammaticità, non c’è dubbio, ma lontana mille miglia dalla grammatica narrativa di Gianluigi Bonelli.

Secondo te qual è la caratteristica di Tex che ne fa l’icona che è?
Giampiero Belardinelli: In parte ho risposto nella quarta domanda. Aggiungo come lo scenario della Frontiera americana sia stato molto importante per il successo della collana. Quando Tex ha debuttato nelle edicole italiane (nel 1948) il cinema western hollywoodiano aveva già sfornato capolavori come Ombre Rosse (1939, John Ford) e avrebbe furoreggiato nell’immaginario collettivo per almeno altri due decenni. Come ha più volte ribadito lo stesso Sergio Bonelli, le pellicole western hanno lasciato un segno indelebile nei ragazzi di allora. Ma Tex ha saputo poi superare la crisi del cinema western grazie al linguaggio di Gianluigi Bonelli: un marchio di fabbrica inconfondibile. La maggiore maturità narrativa rispetto ai prodotti fumettistici di maggior successo degli anni Cinquanta e parte dei Sessanta, ha inizialmente rallentato il gradimento della serie presso il grande pubblico. In seguito, grazie alla superiore qualità di scrittura e di disegno, la serie di Tex si è trasformata in un vero e proprio fenomeno. Non solo per le incredibili vendite giunte dalla seconda metà dei Sessanta in poi, ma perché, grazie a Gianluigi Bonelli, abbiamo avuto in Italia l’evoluzione ai più alti livelli della narrativa popolare, pressoché assente dopo Salgari. E nella migliore tradizione popolare possiamo collocare un’altra serie classica come Zagor, esempio riuscito di narrazione avventurosa al passo con i tempi.

Concludendo: come vedi il futuro del Ranger?
Giampiero Belardinelli:
C’è in atto un validissimo rinnovamento grafico e Tex si conferma una serie con un parco di disegnatori che poche testate al mondo possono vantare. Sul piano degli sceneggiatori c’è un marcato impegno di Mauro Boselli e la qualità dei testi ne ha risentito in maniera positiva. Per garantire al personaggio un futuro degno di quello del passato ci vorrebbero, al fianco di Boselli, altri autori di comprovata conoscenza texiana. Ci stanno provando due professionisti come Tito Faraci e Pasquale Ruju. Tra l’altro, sono molto contento che un autore del calibro di Gianfranco Manfredi stia scrivendo per Tex, anche se non in maniera continuativa. Per il resto, come appassionato di Tex (e del fumetto bonelliano più in generale) sarei curioso di vedere all’opera con il personaggio lo sceneggiatore Moreno Burattini, forte di un’esperienza ventennale su Zagor, una serie vivace dal punto di vista narrativo e seguita con fedeltà dai suoi lettori.

Caro pard Giampiero Belardinelli, a nome del blog portoghese di Tex, ti ringraziamo moltissimo per l’intervista che ci hai così gentilmente concesso.

(Cliccare sulle immagini per vederle a grandezza naturale)

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